Il “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare riscritto da Ruggero Cappuccio ha tra i suoi principali punti di forza una coppia di pezzi da novanta a ricoprire il ruolo di protagonisti. Isa Danieli e Lello Arena, infatti, incantano il pubblico del teatro San Ferdinando di Napoli con maestria e grandi tempi comici. Sì, perché l’ironia è una componente centrale in questa messa in scena che trasferisce Titania e Oberon in un antico palazzo napoletano. I due all’apertura del sipario si trovano a letto e battibeccano in maniera esilarante alternando l’italiano aulico e antico, l’inglese e il dialetto partenopeo più verace. In casa loro ospitano un bizzarro carrozzone composto da elfi-clown, attori, pupazzi, marionette e musicisti, che tra sogno, favola, finzione e realtà diverte malinconicamente.
Uno spettacolo denso, impegnativo nei suoi diversi cambi di registro, nel suo mix di intrecci, dal linguaggio affascinante, che analizza Shakespeare e non lo tradisce. La regia di Claudio Di Palma valorizza il magnetismo della Danieli e di Arena ma concede allo stesso tempo il giusto risalto ai valenti Fabrizio Vona, Renato De Simone, Enzo Mirone, Rossella Pugliese e Antonella Romano. Contribuiscono fortemente a calare lo spettatore nell’atmosfera onirica da cui è partito Cappuccio i costumi di Annamaria Morelli, le scene di Luigi Ferrigno e le musiche di Massimiliano Sacchi. Una delle battute finali che Arena pronuncia sembra proprio risvegliare tutti i presenti: “siamo noi che ci siamo sognati a loro o sono loro che si sono sognati a noi?”. Abbiamo da poco assistito al momento in cui da Titania nasce la marionetta di Pollicinello, tanto ambita da Oberon. Poi il sogno si interrompe bruscamente e il carrozzone apprende mestamente che è arrivato il momento di chiudere. Ha avuto però il tempo necessario per ricordarci che, come sosteneva Carl Jung, solo una persona che dà ascolto ai propri sogni si realizza completamente.
Cristiano Esposito