Federico Salvatore
porta in scena la sua Napoli e alcuni dei suoi successi maggiori, canzoni per
la prima volta sceneggiate e
interpretate perlopiù da altri attori. “Sono apparso a San Gennaro”, che apre
il cartellone del Cilea del direttore artistico Biagio Izzo, è quasi un
musical, che alterna prosa, esecuzioni
dal vivo e playback coreografati. Può contare sull’apporti di validissimi
attori come Oscarino Di Maio e Lello Giulivo (esilaranti pescatori dall’accento
puteolano), Patrizia Spinosi e Francesco Viglietti. La scena rappresenta una
piazza napoletana vicina al porto ai giorni nostri, abitata da personaggi
veraci e pittoreschi come il diverso, il pescivendolo, la barista, il
cameriere, il cravattaro e il padre di famiglia in difficoltà economiche.
Entrano nella narrazione alcuni brani di Federico Salvatore come “Incidente al Vomero”, “Ninna nanna 2”, “Babbo è avvilito”, “Nun pozzo parlà”, “Tarantella all’acqua pazza”, “Il monumento”. Uno dei momenti migliori vede il bravissimo Francesco Viglietti interpretare “Vennimm’ammore”, nei panni di un trans. Il finale è affidato all’inedita “Sono apparso a San Gennaro”, che presta il titolo alla rappresentazione e incita il popolo napoletano a rimboccarsi le maniche. Perché è proprio quest’ultimo ad apparire al Santo e non viceversa, come sostiene il protagonista.
Federico Salvatore, che pure da diversi anni ha cambiato registro e ha provato a proporre al pubblico contenuti diversi e maggiormente di spessore, sceglie di rappresentare un mix del vecchio e del nuovo corso, equilibrando leggerezza e riflessioni sociali. È lo stesso lavoro che ha cercato di fare il regista Bruno Garofalo, tra bozzettismo e satira. Notevoli i costumi di Maria Grazia Nicotra, che includono simboli partenopei come la tombola ed alcune carte da gioco. L’opera corale appare una pièce spensierata e discretamente riuscita, in cui Salvatore assieme al coautore Mario Brancaccio (anch’egli in scena) strappa risate ma non punge eccessivamente la coscienza degli spettatori. Risaltano i colori, le voci, la vivacità e la lingua napoletana.
Entrano nella narrazione alcuni brani di Federico Salvatore come “Incidente al Vomero”, “Ninna nanna 2”, “Babbo è avvilito”, “Nun pozzo parlà”, “Tarantella all’acqua pazza”, “Il monumento”. Uno dei momenti migliori vede il bravissimo Francesco Viglietti interpretare “Vennimm’ammore”, nei panni di un trans. Il finale è affidato all’inedita “Sono apparso a San Gennaro”, che presta il titolo alla rappresentazione e incita il popolo napoletano a rimboccarsi le maniche. Perché è proprio quest’ultimo ad apparire al Santo e non viceversa, come sostiene il protagonista.
Federico Salvatore, che pure da diversi anni ha cambiato registro e ha provato a proporre al pubblico contenuti diversi e maggiormente di spessore, sceglie di rappresentare un mix del vecchio e del nuovo corso, equilibrando leggerezza e riflessioni sociali. È lo stesso lavoro che ha cercato di fare il regista Bruno Garofalo, tra bozzettismo e satira. Notevoli i costumi di Maria Grazia Nicotra, che includono simboli partenopei come la tombola ed alcune carte da gioco. L’opera corale appare una pièce spensierata e discretamente riuscita, in cui Salvatore assieme al coautore Mario Brancaccio (anch’egli in scena) strappa risate ma non punge eccessivamente la coscienza degli spettatori. Risaltano i colori, le voci, la vivacità e la lingua napoletana.
Cristiano Esposito