La strana coppia Peppe Barra-Biagio Izzo, così diversa per matrice e percorso artistico, stride meno del previsto e diverte con leggerezza in “Come un Cenerentolo”, commedia fantastica vagamente ispirata al film del 1960 con Jerry Lewis, a sua volta trasposizione tutta al maschile della celebre fiaba popolare. Biagio Izzo è Federico Cocozza, figlio acquisito di una famiglia di albergatori, i Carrozza. Presentatosi all'albergo prima di dare l'assenso al riconoscimento, viene guidato e tenuto a bada dal capo del personale (Teresa Del Vecchio) ma inevitabilmente fa venir fuori tutta la differenza tra la sua rozzezza colorita e la raffinatezza benestante dei fratelli (Paolo Bonanni e Samuele Sbrighi), in realtà indebitati fino al collo insieme alla madre Mercedes (Peppe Barra en travesti). Quest'ultima spererebbe in un aiuto di Giacomo Principe (Gino Cogliandro), detto Jack, appena tornato (fuggito) dall'America ma anch'egli in bancarotta. Jack vorrebbe dare sua figlia Azzurra (Sara Zanier) in sposa ad uno dei figli della signora Mercedes, convinto ingenuamente di darle così un cognome importante nell'alta società. Ma alla festa organizzata per Azzurra l'amore sboccerà con il più verace Cenerentolo, anche per merito di un "fato" (Francesco Procopio) che manovrerà i fili della vicenda fino al lieto fine che porterà finalmente un Cocozza a diventare un Carrozza a tutti gli effetti.
Il testo scritto da Izzo con Bruno Tabacchini ha un buon ritmo, diverte ed entusiasma la platea, ben oliato com’è dalla regia di Claudio Insegno. Il comico napoletano è, come di consueto, vivacissimo, verace e vistoso ma rispetto al passato la messa in scena non lascia spazi ai suoi classici monologhi cabarettistici né a discorsi morali finali. Persistono invece le irruzioni di ballerine che improvvisamente e immotivatamente cominciano a ballare, turbando la sospensione d’incredulità con lo spettatore rispetto la dimensione della commedia. Peppe Barra si divincola bene in un contesto non propriamente suo e raccoglie risate e applausi, soprattutto dopo un monologo e l’esecuzione della canzone “Piccerè”. Spettacolo gradevole, tutto napoletano, per passare due ore all’insegna dell’allegria, senza troppi pensieri. Le scene di Luigi Ferrigno, i costumi di Graziella Pera: squadra che vince non si cambia.
Cristiano Esposito
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