Dopo venticinque anni e oltre
seicento repliche in tutta Italia, “Menecmi - Due gemelli napoletani” può
essere definito il vero cavallo di battaglia del Tato Russo attore. Questa sua
libera rielaborazione, intrisa della grande arte comica della scuola del teatro
napoletano, di due testi del teatro classico come "Menaechmi" di
Plauto e "La commedia degli equivoci" di William Shakespeare non
smette di divertire e affascinare il pubblico. Tato Russo interpreta con grande
versatilità le parti dei due gemelli protagonisti, Menecmo e Fosicle. Uno dei
due si perde da bambino in un mercato di Capua, ma diventato adulto necessita
di trovare il fratello e la sua famiglia in generale perché indigente. Arriva
così nella Neapolis antica, città dai facili costumi, lussuriosa e decadente
dove il fratello, benché sposato, si abbandona ad ogni forma di dissolutezza,
potendo godere dei favori di una sgualdrina sua dirimpettaia. La presenza del
secondo gemello darà luogo ad una serie di equivoci e di errori in cui la
comicità esploderà in maniera prorompente in tutte le scene dello scambio fra i
due fratelli. Solo l’incontro finale porrà fine al turbinio di qui pro quo.
I cambi veloci di personaggio esaltano ancor di più la bravura di Tato Russo, sapiente e raffinata, grazie alla quale i due gemelli sembrano rincorrersi sulla scena senza afferrarsi mai perché, come recita la battuta finale, “se non entro io non esce lui”. Con lui in scena, diretti da Livio Galassi, Eva Sabelli, Massimo Sorrentino, Clelia Rondinella, Antonio Rampino, Marina Lorenzi, Giorgia Guerra, Davide Sacco, Rino Di Martino, Renato De Rienzo, Olivia Cordsen, Ashai Lombardo Arop. I personaggi a cui questi danno vita sono caratterizzati solo superficialmente, semplici stereotipi dal linguaggio esuberante, popolare, colorito. Troviamo nei dialoghi diversi doppi sensi e battute a sfondo sessuale a tutto vantaggio del divertimento e delle risate. Non manca qualche sagace riferimento all'attualità, come quando il Menecmo in viaggio a Neapolis nota “palazzi sfravecati, strade che sprofondano" e si chiede "ma chi è ‘o magistris e chesta citta? Ca me pare o paese d’a sfrantumazione". La scenografia di Tonino Di Ronza, composta da rovine sparse qua e là, batte, tra l'altro, sullo stesso tasto. “Chi sono io?” si chiede confuso il Menecmo perduto, cresciuto in campagna e per questo rozzo ma meno corrotto, più genuino e paradossalmente più profondo.
Tato Russo scrive nel programma di sala: «Sono venticinque anni che porto in giro per l'Italia i miei Menecmi, ispirati a Plauto: in tutto questo tempo è cambiata la mia età anagrafica, e mi è diventato faticoso interpretare due parti. Ma il pubblico e i teatri continuano a richiedermelo, e oggi mi ritrovo a inventarmi le forze per essere di nuovo in scena con questo mostruoso composto di fatica e di follia creativa. Ce la farò ancora una volta?». Ci pare di poter rispondere affermativamente senza pensarci più di tanto su. Da vedere.
I cambi veloci di personaggio esaltano ancor di più la bravura di Tato Russo, sapiente e raffinata, grazie alla quale i due gemelli sembrano rincorrersi sulla scena senza afferrarsi mai perché, come recita la battuta finale, “se non entro io non esce lui”. Con lui in scena, diretti da Livio Galassi, Eva Sabelli, Massimo Sorrentino, Clelia Rondinella, Antonio Rampino, Marina Lorenzi, Giorgia Guerra, Davide Sacco, Rino Di Martino, Renato De Rienzo, Olivia Cordsen, Ashai Lombardo Arop. I personaggi a cui questi danno vita sono caratterizzati solo superficialmente, semplici stereotipi dal linguaggio esuberante, popolare, colorito. Troviamo nei dialoghi diversi doppi sensi e battute a sfondo sessuale a tutto vantaggio del divertimento e delle risate. Non manca qualche sagace riferimento all'attualità, come quando il Menecmo in viaggio a Neapolis nota “palazzi sfravecati, strade che sprofondano" e si chiede "ma chi è ‘o magistris e chesta citta? Ca me pare o paese d’a sfrantumazione". La scenografia di Tonino Di Ronza, composta da rovine sparse qua e là, batte, tra l'altro, sullo stesso tasto. “Chi sono io?” si chiede confuso il Menecmo perduto, cresciuto in campagna e per questo rozzo ma meno corrotto, più genuino e paradossalmente più profondo.
Tato Russo scrive nel programma di sala: «Sono venticinque anni che porto in giro per l'Italia i miei Menecmi, ispirati a Plauto: in tutto questo tempo è cambiata la mia età anagrafica, e mi è diventato faticoso interpretare due parti. Ma il pubblico e i teatri continuano a richiedermelo, e oggi mi ritrovo a inventarmi le forze per essere di nuovo in scena con questo mostruoso composto di fatica e di follia creativa. Ce la farò ancora una volta?». Ci pare di poter rispondere affermativamente senza pensarci più di tanto su. Da vedere.
Cristiano
Esposito
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