Dopo la prima tappa di Lucca approda al rinnovato, nella platea, teatro Diana di Napoli l'ultimo lavoro della compagnia di Luca De Filippo: "Sogno di una notte di mezza sbornia". Riadattamento di Eduardo di una pièce del toscano Athos Setti, "La fortuna si diverte" (1933), messo in scena con i fratelli Peppino e Titina nel 1937 (ma anche durante la guerra per tenere alto il morale delle truppe), si rivelò uno degli allestimenti più esilaranti del teatro umoristico dei De Filippo. La commedia venne scritta per la compagnia fiorentina dei Niccòli e messa in scena anche da Ettore Petrolini e Angelo Musco, quando il teatro dialettale in Italia era una realtà importante, prima dei tentativi ostracistici del fascismo. Eduardo ne trasse anche un film teatrale prodotto dalla sua San Ferdinando Film nel 1959 e girato proprio nel suo teatro napoletano.
La trama è incentrata sulla vicenda di Pasquale Grifone, a cui appare in sogno Dante Alighieri che gli dà i numeri di una quaterna secca da giocare al lotto, insieme però alla data della sua morte. La vincita si verifica, la famiglia di Pasquale si adatta rapidamente e spietatamente alla ricchezza senza preoccuparsi del dramma del suo capofamiglia, che attende l'ora fatidica del compimento della seconda parte della profezia. Lo danno per morto quando non lo è, non se ne accorgono, ci vuole il medico per certificarlo
Un copione corale che sembra un canovaccio, che dà la possibilità al protagonista Luca De Filippo di improvvisare riattualizzando e a lui e agli altri attori di dimostrare le proprie capacità nella parola e nel gesto, talvolta clownesco e accompagnato dalle musiche del premio Oscar Nicola Piovani. Un primo atto ridotto al minimo ma ben congegnato, un secondo dove si fa largo la comicità prorompente della farsa e dove il contrasto tra marito e moglie, tanto frequente in Eduardo, lascia il posto al cliché dei "pezzenti saliti" che funziona sempre. Ecco allora che la moglie di Pasquale, una vivacissima Carolina Rosi, da massaia si trasforma in appariscente borghese gentildonna che storpia il corretto italiano e le poltrone di casa Grifone diventano pacchianamente tigrate o leopardate. Centrali la vicinanza nella plebe di grandi gioie e grandi dolori e il gioco del lotto, che fa di questa commedia il prologo alla più fortunata "Non ti pago" del 1940, prossima messa in scena dello stesso Luca De Filippo. E poi il confine-scommessa tra vita e morte, quest'ultima resa con il suo rituale esorcizzato, il degrado della famiglia, il chiaro e l'oscuro, il grottesco tra sogno e realtà, le superstizioni e le credenze popolari dei più poveri che sognano così un futuro migliore. Alla chiusura del sipario non viene detto se la profezia si avvererà fino in fondo, in un finale aperto come quello di "L'arte della commedia".
Compagnia ben diretta da Armando Pugliese, con Paola Fulciniti e Massimo Di Matteo in grande spolvero, ma con tutti gli altri all'altezza: Nicola Di Pinto, Giovanni Allocca, Carmen Annibale, Gianni Cannavacciuolo e Giulia Pica.
Cristiano Esposito
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