L'obiettivo che si prefigge la Popular
Shakespeare Kompany è quello di mettere in scena grandi testi classici
con modalità produttive nuove, spingendo sul pedale del rinnovamento e della creatività.
In questi giorni rappresenta al Bellini di Napoli "Il mercante di Venezia"
di William Shakespeare, con Silvio Orlando come protagonista e la regia di
Valerio Binasco. La trama, nota ai più, è ambientata nella Venezia del XVI
secolo e racconta la storia dell'usuraio Shylock che pretende che giustizia sia
fatta a spese di Antonio, che si macchia di un mancato pagamento. In una
vicenda in cui il bene e il male si mescolano e si spostano continuamente, Binasco
si schiera dalla parte di Shylock, che ritiene essere un outsider sconfitto
meschinamente. La disputa tra uguali fatui e il diverso di una serietà antica, al
di là della fede religiosa, rivela come il vero male sia in realtà il denaro,
che genera insensatezza e l'affaticarsi degli uomini nel XVI secolo come oggi. E
la commedia, a tratti cupa come un dramma ma con diversi spunti comici, ci dice
che in fin dei conti la verità è che non c'è nessuna verità tranne che, come
scrive Binasco nelle note di regia, "non c'è nulla di più lieve, al mondo,
del nostro essere qui. Insieme. Uguali".
Ne viene fuori un'avvincente opera corale, dove non primeggia un unico protagonista e i vari livelli narrativi si intrecciano mantenendo alta l'attenzione degli spettatori. Di certo risalta la grande bravura di Silvio Orlando, col suo magnetico accento dell'est europeo e la tensione che riesce a creare nel silenzio che intercorre tra una battuta e l'altra. La sua performance ci rende quasi impossibile odiare il personaggio di Shylock, per il quale invece a tratti si prova compassione. Come quando è costretto rapidamente a fare retromarcia, accettando prima i 9 mila scudi, poi chiedendo solo i 3 mila del prestito e infine accettando di baciare il crocifisso (Binasco, tra le varie modifiche al testo originale, fa dire al giudice del tribunale: "E ora bacia la croce, ebreo"). Anche gli altri attori recitano con diverse inflessioni dialettali, dal siciliano al piemontese, passando per l'emiliano, e questo rende la rappresentazione più popolare e attuale. In una compagnia decisamente all'altezza risaltano Sergio Romano, che porta in primo piano la figura di Lancilotto, e la caratterista Milva Marigliano, nei panni di Merissa.
Ne viene fuori un'avvincente opera corale, dove non primeggia un unico protagonista e i vari livelli narrativi si intrecciano mantenendo alta l'attenzione degli spettatori. Di certo risalta la grande bravura di Silvio Orlando, col suo magnetico accento dell'est europeo e la tensione che riesce a creare nel silenzio che intercorre tra una battuta e l'altra. La sua performance ci rende quasi impossibile odiare il personaggio di Shylock, per il quale invece a tratti si prova compassione. Come quando è costretto rapidamente a fare retromarcia, accettando prima i 9 mila scudi, poi chiedendo solo i 3 mila del prestito e infine accettando di baciare il crocifisso (Binasco, tra le varie modifiche al testo originale, fa dire al giudice del tribunale: "E ora bacia la croce, ebreo"). Anche gli altri attori recitano con diverse inflessioni dialettali, dal siciliano al piemontese, passando per l'emiliano, e questo rende la rappresentazione più popolare e attuale. In una compagnia decisamente all'altezza risaltano Sergio Romano, che porta in primo piano la figura di Lancilotto, e la caratterista Milva Marigliano, nei panni di Merissa.
L'intento di Binasco di fare
dello spettacolo una festa del teatro e del testo una grande favola va a buon
fine. Nel domandarci se ci troviamo più di fronte ad una persecuzione della
diversità o al compiersi della giustizia tiriamo le somme su quanto Shylock sia
davvero l'unico personaggio serio della commedia. Le oltre due ore di buon
teatro filano via che è un piacere grazie alla qualità degli attori e della
regia. Il resto lo fanno le musiche quasi sussurrate di Arturo Annecchino, i
costumi di Sandra Cardini, le luci di Pasquale Mari e le scenografie estremamente
essenziali di Carlo De Marino.
Cristiano Esposito
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