Un ritorno al teatro
allucinato, l’ha definito Antonio Latella. E “Ti regalo la mia morte, Veronika”
è principalmente una fusione di realtà, allucinazione, ricordi e sogno che ci fa
ripercorrere la storia e la morte di Veronika Voss, protagonista del film
omonimo del 1982 di Rainer Werner
Fassbinder. Veronika è una diva del
cinema di propaganda nazista sul viale del tramonto, che rincorre
schizofrenicamente un passato di celebrità e di successo. La sua morte non
avverrà dopo una festa, come nel film, ma si presenterà come la scelta precisa
di fare un regalo al pubblico, il quale ne godrà e l’applaudirà in maniera
ambigua e un po’ perversa come sempre accade. E’ racchiuso in tutto ciò il
titolo che Latella dà alla messa in scena, che può essere visto come un saluto
firmato dalla protagonista oppure come un pensiero indirizzato dal regista
Fassbinder, morto per overdose di cocaina e sonniferi, alla sua eroina.
Dopo l’allestimento, datato
2006, di “Le lacrime amare di Petra Von Kant” (tratto da un film del 1972), il
regista stabiese torna ad occuparsi dell’universo fassbinderiano e dei suoi
fantasmi, che teatralmente parlando sono incarnati da Čechov (sul quale ironizzano i
personaggi in scena), Goldoni, Ibsen e in parte dalla tragedia greca. Latella
riformula il melodramma portando il pubblico a rifletterci su senza perdere in
aspetti emozionali. La quarta parete viene subito abbattuta in apertura, con le
prime battute rivolte agli spettatori in modo irriverente. Che Veronika debba
arrivare a morire si sa fin dall’inizio ed è ciò che tutti aspettano
(“commuovere è il mio mestiere, io posso piangere tutte le lacrime che volete”),
ma in mezzo c’è tutto un percorso da raccontare e far vivere agli spettatori. I
quali vengono poi, nel finale, trasportati in un aldilà popolato dalle eroine
del cinema fassbinderiano, tutte morte tragicamente. In questo limbo, dominato
da un grande albero ai piedi del quale si svolge un picnic, si parla
ironicamente del regista tedesco in una sorta di rivincita dei personaggi
femminili su chi li ha partoriti.
L’adattamento di Antonio Latella e Federico Bellini adotta in un misto di italiano e tedesco un linguaggio didascalico, per cui è come se a tratti il pubblico assistesse alla lettura di una sceneggiatura cinematografica. Tutto ci riporta dentro alle allucinazioni di Veronika, dietro il tema principale dell’infelicità e del mondo dello spettacolo. A partire dai sei gorilla bianchi che ricordano Kubrick e la morfina di cui abusa la protagonista. Fassbinder è presente nella sala cinematografica dell’inizio e incarnato nella macchina da presa che su di un carrello percorre più volte la scena avanti e indietro. Ma che non può più riaccendersi una volta spenta, nemmeno quando Veronika le implora di farlo.
In scena, oltre alla protagonista Monica Piseddu, Annibale Pavone, Valentina Acca, Candida Nieri, Caterina Carpio, Nicole Kehrberger, Fabio Pasquini, Maurizio Rippa, Massimo Arbarello, Sebastiano Di Bella e Fabio Bellitti. Le scene sono di Giuseppe Stellato, i costumi di Graziella Pepe, le musiche di Franco Visoli e le luci di Simone de Angelis.
L’adattamento di Antonio Latella e Federico Bellini adotta in un misto di italiano e tedesco un linguaggio didascalico, per cui è come se a tratti il pubblico assistesse alla lettura di una sceneggiatura cinematografica. Tutto ci riporta dentro alle allucinazioni di Veronika, dietro il tema principale dell’infelicità e del mondo dello spettacolo. A partire dai sei gorilla bianchi che ricordano Kubrick e la morfina di cui abusa la protagonista. Fassbinder è presente nella sala cinematografica dell’inizio e incarnato nella macchina da presa che su di un carrello percorre più volte la scena avanti e indietro. Ma che non può più riaccendersi una volta spenta, nemmeno quando Veronika le implora di farlo.
In scena, oltre alla protagonista Monica Piseddu, Annibale Pavone, Valentina Acca, Candida Nieri, Caterina Carpio, Nicole Kehrberger, Fabio Pasquini, Maurizio Rippa, Massimo Arbarello, Sebastiano Di Bella e Fabio Bellitti. Le scene sono di Giuseppe Stellato, i costumi di Graziella Pepe, le musiche di Franco Visoli e le luci di Simone de Angelis.
Cristiano Esposito
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