domenica 24 dicembre 2017

Picone manda suo figlio Biagio Izzo al Diana di Napoli: omaggio ad Elvio Porta

È caratterizzato dalla verve di Biagio Izzo lo spettacolo di queste feste di fine d’anno al teatro Diana di Napoli. In “Dì che ti manda Picone… - Antonio Picone fu Pasquale” l’attore partenopeo si cala in panni in parte inediti per lui anche se, a dispetto delle dichiarazioni rilasciate, sempre di un personaggio comico si tratta e non si può certo parlare di “spartiacque di una carriera”. Rimane piuttosto intatta la comicità vistosa che lo contraddistingue, mentre si aggiunge un pizzico di satira politica e di denuncia.

Il testo scritto da Lucio Aiello e diretto da Giuseppe Miale di Mauro diverge ampiamente dal film “Mi manda Picone” del 1983 diretto da Nanni Loy, sceneggiato insieme ad Elvio Porta alla cui memoria lo spettacolo è dedicato. In scena vediamo il figlio dell’operaio dell’Italsider che si diede fuoco dopo il suo licenziamento, tentato da un senatore di candidarsi alle elezioni perlopiù come prestanome. Il protagonista, impersonato naturalmente da Izzo, dovrà a quel punto scegliere se intascare denaro mettendo in strada orfani e non vendenti o se rinunciare e comportarsi in maniera ligia. Accanto a lui la sua compagna Mara (Rocío Muñoz Morales) gli fa credere che suo padre si manifesti ancora in casa sua; se nel film Picone senior si rivelava un uomo di malaffare, qui induce indirettamente suo figlio a decidere di candidarsi per provare a fare un po’ di pulizia in un sistema corrotto.

Una compagnia di buon livello, nella quale vanno menzionati Mario Porfito, Arduino Speranza (il suo Nicolino ricorda molto alla lontana lo zi’ Nicola de “Le voci di dentro” quando utilizza i petardi e si aggira nella parte soppalcata delle scene di Luigi Ferrigno), Agostino Chiummariello e lo stesso Lucio Aiello, fornisce senz’altro il suo contributo nel costruire uno spettacolo gradevole. Biagio Izzo prova a cambiare e a sorprendere ma la retorica è a tratti dietro l’angolo e la maggior parte dello spazio resta comunque impegnato dalle sue classiche tirate comiche e dai pur godibili duetti con Porfito. Tante risate alla prima di uno spettacolo che resta in scena al Diana fino al 7 gennaio 2018.

Cristiano Esposito
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giovedì 23 febbraio 2017

"Una festa esagerata…!": l'omaggio di Salemme al suo maestro Eduardo e alla sua produzione migliore

Vincenzo Salemme ha debuttato a Napoli al teatro Diana con una sua nuova importante commedia. "Una festa esagerata…!" si può definire così perché segna un netto innalzamento dell'asticella della qualità da parte dell'autore-attore napoletano rispetto alle sue ultime opere drammaturgiche. Lo spettacolo riporta alla mente i tempi, i contenuti e lo stile di "Cose da pazzi ovvero lo strano caso di Felice C." (era il 2003), ma anche di Premiata Pasticceria Bellavista (del 1998). Accantonate trame fantastiche e siparietti da monologhista comico Salemme torna a scrivere un testo irresistibilmente comico dal retrogusto amaro, che non disdegna satira e critica sociale senza alcuna retorica. Un esempio su tutti, il puteolano costretto a fingersi indiano per lavorare che maledice il Jobs Act.

In un palazzo napoletano Gennaro Parascandolo e sua moglie Teresa preparano una festa in grande stile per i diciotto anni della loro figlia Mirea. Peccato che al piano di sotto il novantaduenne Giovanni muoia proprio il giorno del party gettando sua figlia Lucia nella disperazione. Questo l'accenno di una trama ricca di sorprese e tutta da scoprire. Numerose le citazioni di Salemme di grandi del teatro napoletano ("Non ti pago" di Eduardo, "'A livella" di Totò) ma anche del suo cinema (i piccioni che tormentano il collaboratore domestico straniero). Il protagonista, affacciato alla sua terrazza, parla spesso con un dirimpettaio che si chiama proprio Eduardo: evidente il richiamo al professor Santanna di "Questi fantasmi!". Salemme in sedia a rotelle ricorda immediatamente Luca Cupiello, la cui voce si udirà sul finale. Addirittura il secondino interpretato da Antonio Guerriero cita "La smorfia" di Arena-Decaro-Troisi: "Sei fidanzato? Aspetto una risposta".

La grande maggioranza dei meccanismi comici nasce dalla storpiatura delle parole, in un'ignoranza generale che risparmia solo Gennaro Parascandolo e in parte Lucia. Al centro della rappresentazione l'odio tra familiari (quanto Eduardo c'è anche in questo!) e tra vicini di casa, che rende un po' più comprensibile lo scoppio delle guerre tra paesi anche lontani. Ad un certo punto pure il protagonista viene costretto a disumanizzarsi, ad uniformarsi in parte all'ipocrisia imperante. Alla prima il pubblico ride ed applaude entusiasta un Salemme promosso a pieni voti, che omaggia il suo maestro Eduardo innovando la tradizione e dimostra di saperne fare sapientemente tesoro. In scena con lui i bravissimi Antonella Cioli (Lucia), Teresa Del Vecchio (Teresa), Antonio Guerriero (il secondino), Nicola Acunzo (il prete Don Pasquale), Sergio D'Auria (Alberto), Giovanni Ribò (Giovanni), Mirea Stellato (Mirea) e Vincenzo Borrino (Atzoka).


Cristiano Esposito
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mercoledì 8 febbraio 2017

"Elvira": l'inno al teatro e alla recitazione di Toni Servillo al Bellini di Napoli

Questo “Elvira” che Toni Servillo porta in scena al Bellini di Napoli in questi giorni con grande successo di pubblico è un autentico inno alla recitazione e al teatro. Un viaggio alla ricerca del personaggio da interpretare, infarcito di elementi di tecnica eppure alla portata di tutti e con punte notevoli di divertimento. Sì, perché diverse sono le risate che Servillo strappa alla platea anche soltanto con una mimica straordinaria; la sua caratterizzazione di Jouvet teorico della recitazione è assolutamente carismatica e irresistibile.

Lo spettacolo, che ha debuttato nell’ottobre dello scorso anno al Piccolo di Milano dove nel 1986 andò in scena la versione di Strehler, vede il protagonista del film “La grande bellezza” in veste di attore protagonista e regista. Tratto da “Elvire Jouvet 40” di Brigitte Jaques, la quale si servì più di trent’anni fa degli scritti delle sette lezioni date a Parigi dal grande attore francese, si fonda su una toccante scena del “Dom Juan” di Molière. Stiamo parlando dell’addio di Elvira. Jouvet-Servillo spiega a lungo come interpretarla a Claudia (che è esistita davvero e portava il nome di Paula Dehelly: fu denunciata in quanto ebrea e bandita dai teatri) e, con gli altri attori in scena che sono poi i valenti Petra Valentini, Francesco Marino e Davide Cirri, scende spesso verso la prima fila della platea durante la messa in scena. Fuori dal teatro in cui provano incombe la storia, quella dei nazisti e della seconda guerra mondiale.

Servillo ha voluto questo spettacolo “per significare soprattutto ai giovani la nobiltà del mestiere di recitare, che rischia lo svilimento in questi tempi confusi”. Un’operazione di teatro nel teatro riuscitissima, breve, intensa, ricca di significati e fonte di riflessioni per il pubblico. Numerose le chiamate di quest’ultimo agli attori alla fine di uno spettacolo sicuramente importante e da non perdere per tutti.

Cristiano Esposito
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mercoledì 28 dicembre 2016

Lo splendido tributo dei "Quanno good good" a Pino Daniele al Summarte di Somma Vesuviana

Un'atmosfera particolare, intima e magica. È quella che riescono a creare i "Quanno Good Good", cover band di Pino Daniele che si è esibita anche quest'anno al teatro Summarte di Somma Vesuviana (Napoli). Un posto delizioso, dove gli spettatori accorsi al tributo sono riusciti a entrare in una speciale connessione con Pino. La lunga scaletta si è aperta con "Chi tene 'o mare" e "Che te ne fotte", che contiene la frase che dà il nome alla band.

Un ensemble di tutto rispetto: insieme alla voce di Olimpio Marino ci sono le chitarre di Franco Di Giovanni, il basso di Peppe Mangiaracina, la batteria di Paolo Fabbrocino, le tastiere di Marco Fiorenzano e il sax di Enzo Anastasio, protagonista di grandi assoli. La caratteristica che fa risaltare il tutto è la volontà dei "Quanno Good Good" di rendere omaggio a Pino Daniele senza scimmiottamenti, facendo emergere uno stile proprio.

Ecco allora che i brani dell'epoca d'oro del cantautore napoletano risplendono di una luce nuova: "Have you seen my shoes?", "Un giorno che non va", un'incalzante e coinvolgente "Basta 'na jurnata 'e sole", "Cumbà", "Anna verrà", il medley "Je sto vicino a te"/"Io vivo come te", "Maronna mia" reinterpretata in chiave rock, "Chillo è 'nu buono guaglione", "Sulo pe' parlà", "E cerca 'e me capì" e "Alleria". Momento speciale quello che Olimpio Marino dedica alla sua piccola Elena che, sarà un caso, ma arzilla fino a qualche momento prima si addormenta all'istante sulle note di "Ninnananinnanoè".

E poi ancora "Keep on movin'", "Viento 'e terra", "Yes I know my way", l'applauso emozionato a Massimo Troisi dopo "Quando" e "Qualcosa arriverà", "Ferryboat", "Tutta 'nata storia", "A me me piace o blues" e i bis di "Che ore sò" e "Napule è" (con un delizioso giro di chitarra di Di Giovanni in stile Coldplay). Una serata semplice ma piena di passione, emozioni e buona musica. Proprio come sarebbe piaciuta a Pino.

Cristiano Esposito
 
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sabato 24 dicembre 2016

Francesco Paolantoni invita tutti nel suo salotto al Sancarluccio di Napoli

L'intenzione dichiarata dello spettacolo "Salotto Paolantoni" è quella di far sentire tutti i presenti come a casa del comico napoletano, in un'atmosfera intima e familiare che sicuramente un teatro come il Sancarluccio ispira. Già nel foyer è possibile osservare i quadri dell'artista, composti da mosaici di dadini di argilla (nelle opere iniziali la materia prima era il pane). 

Poi in sala, a fare da scenografia, soltanto due sedie di bambù e un tavolino. Lo stesso Francesco Paolantoni invita gli spettatori a comportarsi come se fossero a casa di un amico: i cellulari possono rimanere accesi e si può anche andare in bagno qualora lo si voglia. In scena va la classica comicità di un'esponente di un'altra era di risate, in cui non occorrevano necessariamente travestimenti né tormentoni senza senso per colpire nel segno. 

Il tutto è davvero una discussione aperta col pubblico, che in qualche maniera fa lo spettacolo col protagonista. Si salta in piena libertà da un argomento all'altro senza alcuna quarta parete; dall'attualità alla medicina, dai bambini al rapporto uomo-donna. Ci sono le favole, cavallo di battaglia di Paolantoni, ma non i suoi personaggi di successo (Robertino, De Lollis ecc.), pure annunciati nella scheda dello spettacolo. E c'è il divertimento del pubblico per un esperimento originale, lineare e riuscito.

Cristiano Esposito

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mercoledì 21 dicembre 2016

Massimo Ranieri fa rivivere ancora Viviani con “Teatro del porto” al Diana di Napoli

Ancora Massimo Ranieri diretto da Maurizio Scaparro, ancora Raffaele Viviani. Ancora un omaggio alle poesie, ai canti, ai numeri di varietà, agli scritti e alle musiche del grandissimo autore originario di Castellammare di Stabia. E anche il teatro è lo stesso: Gli Ipocriti tornano infatti al Diana di Napoli dopo il successo di “Viviani Varietà” di tre anni fa.

Questa volta lo spettacolo si apre con l’annuncio di una imminente tournée in Sud America per una compagnia che sta vivendo la crisi degli anni del fascismo (altro tema purtroppo attuale è l’emigrazione). Gli spettatori assistono quindi all’ultima recita che si terrà nell’immaginario "Teatro del porto", "spazio sospeso tra mare e terra" come lo definisce Scaparro, prima della partenza.

Un carosello di personaggi tipicamente vivianei come emigranti, zingari, pescatori, guappi, gagà, cocotte e prostitute domina la scena tra dramma e comicità. E fa rivivere brani come «Canzone ‘e Margherita», «E aspettammo», «Stasera ‘o puorto ‘e Napule», «Chisto è ‘o vapore», «Emigrante», «Jammo addo’», «Cuncetti’», «Bammenella» e «Oje Ninno».

Massimo Ranieri, come sempre brillante e versatile, è il fulcro autentico della rappresentazione. Ma appena dietro di lui spicca un bravissimo Ernesto Lama, acclamato anch’egli dal pubblico a fine serata. Con loro in scena Angela De Matteo, Gaia Bassi, Roberto Bani, Mario Zinno, Ivano Schiavi, Antonio Speranza e Francesca Ciardiello. L’orchestrina di sei elementi è diretta da Ciro Cascina. Le elaborazioni e le ricerche musicali sono di Pasquale Scialò, scene e costumi di Lorenzo Cutuli.
  
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sabato 3 dicembre 2016

L’irresistibile Don Rodrigo Buccirosso al Cilea di Napoli

carlo buccirosso il divorzio dei compromessi sposi
Il titolo dello spettacolo di Carlo Buccirosso, in scena in questi giorni al teatro Cilea di Napoli, poteva lasciar immaginare un sequel de “I compromessi sposi”. Così si chiamava la parodia del romanzo di Manzoni che lo stesso attore e regista portò sul palcoscenico nel lontano 2006, sempre con una produzione firmata Ente Teatro Cronaca. Invece, “Il divorzio dei compromessi sposi” ne è un’edizione riveduta e leggermente corretta, con un cast diverso. Gli ingredienti più efficaci restano più o meno gli stessi di dieci anni fa. Innanzitutto il grande ritmo che il Buccirosso regista imprime a questo ben confezionato incastro di recitato, balli e canti. Poi la grande varietà di accenti e inflessioni italiane con cui parlano gli attori, le gag incentrate su un personaggio di Don Rodrigo che il protagonista rende irresistibile, gli accenni qua e là ad una satira sottile che tocca temi attuali (vedi i tronisti) ed il talento di cantanti, ballerini e coreografa (Rita Pivano). Funzionano anche le canzoni moderne e meno moderne il cui testo è stato riscritto e adattato alle esigenze della narrazione, da Renato Zero a De Andrè, passando da Charles Aznavour, alcuni canzoni classiche partenopee, Pino Daniele, Massimo Ranieri e Laura Pausini. Uno dei motori comici sono anche le incursioni nel futuro dei discorsi dei personaggi, che appaiono coscienti di vivere un passato lontano (vedi, ad esempio, situazioni e battute sul selfie e sulla ricezione del cellulare).
  
Alla prima grande riscontro da parte del pubblico che ride, si diverte e acclama il mattatore Buccirosso a fine spettacolo. Assieme a lui in scena un cast davvero notevole: attori navigati come Veronica Mazza (che sostituisce, rispetto alla passata edizione, Rosalia Porcaro), Gino Monteleone, la polivalente Monica Assante Di Tatisso, Peppe Miale e Antonio Pennarella; altri più giovani ma facenti parte della scuderia Buccirosso da anni, come Claudafederica Petrella, Giordano Bassetti e Giuseppe Ansaldi; un gran bell’ensemble composto dalle splendide voci di Alessandra Calamassi ed Elvira Zingone, Alessia Di Maio, Sergio Cunto, Mauro De Palma e Giancarlo Grosso. Le musiche sono di Diego Perris, le scene di Gilda Cerullo e i costumi di Maria Pennacchio.
Cristiano Esposito

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