Geppy Gleijeses questa volta pesca nel mare di Viviani e
porta sul palcoscenico una piccola parte del golfo di Napoli. "A Santa
Lucia" riprende infatti "Santa Lucia nova", commedia con musiche
del grande commediografo nativo di Castellammare di Stabia messa in scena l'ultima
volta nel 1943 insieme ad "Osteria di campagna". I protagonisti sono
dei poveri barcaioli e pescatori che per sbarcare il lunario dipendono dal
turismo di una borghesia decadente, arricchitasi dopo il primo conflitto
mondiale. Cocottes e viveurs embrioni di quella dolce vita che verrà decenni
dopo e che Viviani dipinge come squallidi e vacui. La rappresentazione è
ambientata al Borgo Marinari nel 1919, epoca dei primi bagliori del Varietà,
dell'Avanspettacolo e del Cafè-Chantant. Ecco che in una domenica notte
qualunque, dopo l'uscita degli spettatori dai teatri, al ristorante Starita
compaiono nobili spiantati, mendicanti, poeti squattrinati, improbabili
veggenti e cafoni arricchiti che si incontrano-scontrano con i luciani, poveri
ma dignitosi abitanti di Santa Lucia. Uomini e donne "fermi come lo
scoglio, il mare li corrode, li distrugge, ma non li smuove",
"'nzuvarate 'e mare". Il filo conduttore della vicenda è
rappresentato dall'incontro della mondana, sensuale e capricciosa Fanny (Marianella
Bargilli) con Jennariello (Daniele Russo), barcaiolo di famiglia modesta. Un
amore che non può però consumarsi, le classi sociali sono barriere troppo alte
e Viviani non concede il lieto fine consolatorio.
Un proscenio
suggestivo, con vera acqua che riflette le luci sulle pareti del teatro, una
barca che lo attraversa e ci porta lì, tra le onde di Castel dell'Ovo.
Gleijeses ha ormai abituato il suo pubblico a scenografie ad effetto:
ricordiamo, ad esempio, gli enormi girasoli di "Ditegli sempre di
sì". Ha scelto un testo di Viviani sconosciuto ai più, in bilico tra
l'italiano parlato dai borghesi e il napoletano verace dei luciani. Lo scontro
tra le due classi sociali raggiunge il culmine nel secondo atto, ambientato in
zona Chiatamone, nel quale non appare né lui (strappa diverse risate nei panni
di cocainomane e sonnambulo divinatore al primo atto) né l'atteso Lello Arena (poeta
squattrinato e magnetizzatore nella prima parte). Alla fine sembra prevalere la
fierezza degli uomini di mare, accomunati però ai borghese da una certa
insoddisfazione per le miserie (ognuno ha le sue) della vita. La direzione musicale
è affidata a Guido Ruggeri, le assai gradevoli scene a Pierpaolo Bisleri. Un
affresco a tratti bozzettistico della Napoli di inizio Novecento, una forma di
teatro unica e inclassificabile, giustamente popolare, che però probabilmente
andava riadattata in una forma più digeribile ai giorni nostri.
Cristiano Esposito