L'interessante idea di fondo diventa ancora più affascinante in un'Italia in cui l'enorme ingerenza del potere politico genera norme sempre più invasive e che arrivano a rappresentare un ostacolo per i magistrati come Gennaro Capone, giudice napoletano prossimo alla pensione, protagonista della trama. Un magistrato serio, onesto, preparato, che non ha mai voluto ricoprire ruoli influenti perché contrario alle raccomandazioni e alle lobby politiche. Dopo l'uccisione del giudice Falcollino, però, Capone viene nominato responsabile del pool antimafia precedentemente guidato dal magistrato scomparso. Già turbato dalla morte violenta del giovane figlio, il protagonista dovrà lottare e soffrire ancora contro l'ingiustizia. Alle ipocrisie, prepotenze, insinuazioni, calunnie, invidie, si aggiungerà anche la dipartita di un giovane giornalista a lui caro, Marco Miani. Ma Capone non si arrenderà e combatterà con audacia, perché "chi vede il giusto e non lo fa è senza coraggio".
C'è questo e molto altro nello spettacolo. C'è la lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione, al clientelismo. Insomma c'è tutto ciò che è ingiustizia, un qualcosa che bisogna iniziare a combattere dalle scuole, sviluppando il senso civico dei più giovani per far trionfare una legalità che porta benefici individuali e collettivi, elevando la nostra qualità di vita. Così come hanno fatto i tanti magistrati, uomini delle forze dell'ordine, giornalisti e prelati che hanno sacrificato a questa causa la propria vita, ai quali questo spettacolo è dedicato. In special modo il pensiero va a don Peppe Diana, le cui parole fanno calare il sipario: "Per amore del mio popolo non tacerò".
Cristiano Esposito
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