E'
andato in scena lunedì 15 e martedì 16 giugno 2015 al Teatro Nuovo di Napoli "Rituccia",
il nuovo lavoro di Fortunato Calvino. Il punto di partenza è "Napoli
milionaria", commedia del 1945 scritta ed interpretata da Eduardo De
Filippo e inserita nella Cantata dei giorni dispari. Rituccia è la figlia di
donna Amalia Jovine, la bambina malata che in realtà simboleggiava la Napoli
profondamente ferita e sconvolta dalla guerra. L'autore Calvino è stato spinto
da quattro forti motivazioni a scrivere questo testo: l'omaggio ad Eduardo e al
suo teatro, il monito contro ogni tipo di guerra, la passione per la città di
Napoli e l'interesse verso l’universo femminile. Non a caso le protagoniste
sono cinque donne: Antonella Cioli, nel ruolo di Rituccia/Donna Amalia,
Antonella Morea, Laura Borrelli, Rosa Fontanella e Gioia Miale.
Rituccia
è sopravvissuta all’ultimo conflitto mondiale e sulla scena ricorda, in maniera
ossessiva, i momenti trascorsi nel ricovero, in un crescendo di emozioni e
sensazioni prevalentemente negativi. “La guerra è un fuoco che non si spegne
mai”: la protagonista, ormai matura, si ritrova oggi a fare i conti con una
guerra ancora più violenta, che conta ogni giorno anche morti innocenti e
indifesi: la guerra di camorra. È una donna traumatizzata dagli orrori del
conflitto, ma che nella quotidianità prova a combattere quelli che sono i
soprusi da parte di donne senza scrupoli. Perché la guerra "s'arrobba 'a
felicità", non guarda in faccia a nessuno e se pure passerà, ma non passa,
come si fa a scordare? Rituccia adesso fa la segretaria in uno studio medico,
eppure sente ancora il frastuono di quegli anni di bombardamenti. Suo marito è
morto, i figli sono lontani: è sola contro i suoi fantasmi. Decide allora di
riacquistare il basso in cui viveva con i suoi genitori, per tornarci ogni
tanto anche solo per il tempo di un caffè.
E'
lampante il corto circuito tra un registro nerissimo, tragico come solo la
guerra sa essere, e i quadri in cui si entra abbondantemente nella commedia (con la Borrelli e la Morea in grande evidenza). Ed
è durante questi ultimi che il pubblico si entusiasma maggiormente. Manca però un vero filo conduttore tra i due differenti toni ed anche tra gli eventi della narrazione. Il testo, non privo di spunti e linguaggio interessanti, ogni tanto cade nel didascalico e nel retorico, andando raramente in profondità negli eventi. E il finale sembra un attimino avventato, telefonato, liquidato in una scena di morte troppo veloce. Il disegno
luci di Renato Esposito arricchisce la rappresentazione, mentre appaiono
essenziali le scene di Paolo Foti e le musiche di Paolo Coletta. I costumi di
Annamaria Morelli che cingono le attrici sono tutti di colore quasi uguale,
così come le scarpe e i ventagli che le protagoniste agitano simultaneamente nella sala
d'attesa. Fino a quando la camorra entra chiaramente in gioco, e il rosso
diventa il nero della morte e del male. E una banale questione di tradimenti
diventa ancora occasione di morte. Perché, in fondo, "simme nuje 'a
guerra" e la "nuttata" dopo settant'anni non è ancora passata.
Cristiano Esposito
Naike Del Grosso
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