La piccola impresa meridionale di entertainment di Rocco
Papaleo arriva anche a Napoli, conquistandola con musica, poesia, comicità,
storie e interazione col pubblico. Uno spettacolo, scritto con Valter Lupo che
cura anche la regia, che valorizza al massimo l'artista lucano capace di
recitare, emozionare, far ridere, scrivere canzoni, cantare, accennare qualche
passo di danza e intrattenere con carisma, simpatia e magnetismo. Il tutto tra il panino con la frittata
sponzato della mamma, "che non si batte", già visto in
"Basilicata coast to coast", lo splendore della risata di un figlio
capace di formulare stupefacenti pensieri poetici, riflessioni sagaci e il
gioco con i musicisti che gli fanno anche da spalla.
Entrando in sala troviamo il mattatore in platea con la sua
band a luci accese e sipario aperto, ad accogliere, salutare e far foto con il
pubblico. Il grande momento professionale, soprattutto nel cinema, gli sta
dando una fama sempre crescente ma ben presto scopriamo quanto tenga e sia a
suo agio nel live. Improvvisa con sicurezza ma senza superbia, non nasconde ma
capitalizza le sue origini veraci di uomo meridionale. Canta, racconta e recita
senza mai prendersi troppo sul serio la sua terra, gli amori, anche
omosessuali, la famiglia e le cose genuine dei piccoli paesi come il suo,
Lauria. Le battute suscitano efficacemente la risata, oltre che grazie
all'effetto sorpresa, con un avvicendarsi di toni seri e solenni ad altri
repentinamente più concreti, che creano un dislivello esilarante. Rocco Papaleo
sa come creare un'atmosfera intima e confidenziale col pubblico, che mostra di
gradire quanto lui questo confronto, questa condivisione di ricordi, pensieri,
impressioni. "Siamo un gruppo ormai, stiamo bene, andiamo in tournée
insieme" dice agli spettatori napoletani, come forse dirà agli spettatori
di ogni altra città in cui il suo spettacolo fa tappa. Ma il legame con Napoli
è vero e lampante, qui dove, racconta, gli venne l'idea del film "Una
piccola impresa meridionale" mentre recitava proprio al Diana in "Eduardo,
più unico che raro!". Qui dove qualcuno dal fondo della sala gli urla
"Canta Napoli!" e lui, pur se lievemente imbarazzato, intona deliziato
"Te voglio bene assaje", accontentandolo con grande disponibilità. Papaleo mostra di essere una persona normale
fra la gente comune come chi popola le sue canzoni, svela qualche segreto dello
spettacolo, fa anche suonare qualcuno in
platea. Ed è consequenziale il fatto che alla fine convinca il pubblico ad
alzarsi in piedi per trasformarsi in tante foche divertite, anche solo per
trenta secondi. E anche che non si riesca ad ubbidire alla sua proposta di
uscire in silenzio senza applaudire dopo la poesia "Piaceri" di
Brecht.
L'esperimento di teatro canzone di Rocco Papaleo riesce,
attraverso un diario dal quale estrapolare storie che coinvolgono, divertono e
appassionano. La "rosticceria di ricordi", bagnata qua e là nel
surreale e nel non sense, è accompagnata dalle note di Arturo Valiante al pianoforte, Francesco
Accardo alla chitarra, Jerry Accardo alle percussioni, Pericle
Odierna ai fiati e Guerino Rondolone al contrabbasso. Che grazie allo
spettacolo e al pubblico, a detta di Papaleo, da scarti di orchestre diventano
un'orchestra vera e propria, nell'equilibrata alchimia di una piccola impresa
meridionale di entertainment.
Cristiano Esposito
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