martedì 24 marzo 2015

“La scuola” di Silvio Orlando al Diana di Napoli e quella mosca che continua a ronzare

Ventitré anni fa c’erano già Silvio Orlando come attore protagonista e Daniele Luchetti come regista a guidare il debutto dello spettacolo teatrale “Sottobanco”, tratto dai libri di Domenico Starnone. Dopo il grande successo nel 1995 arrivò la trasposizione cinematografica, intitolata “La scuola”, proprio come questa nuova messa in scena che vede tra gli interpreti alcuni attori presenti nel film. Di lì scaturì poi un apposito filone di film di ambientazione scolastica. L’istantanea dell’istruzione di allora sembra fotografare perfettamente anche la situazione attuale, con l’urgenza sempre viva di una riforma che salvi i Cardini e compagni di oggi dall’alienazione della “mosca”.

Siamo alla fine dell’anno scolastico, tempo di bilanci e scrutini. I docenti si riuniscono per decidere le sorti degli studenti della quarta D. Lo fanno nella palestra dell’istituto, in quanto già da mesi l’aula professori non è agibile per via di un’infiltrazione d’acqua. Il professor Cozzolino (Silvio Orlando), sembra essere quello più accomodante e pronto a difendere i ragazzi. Il docente ingegnere dal doppio lavoro (Antonio Petrocelli) si preoccupa più che altro di fare il filo alle studentesse, mentre padre Mattozzi (Vittorio Ciorcalo), che insegna religione, non appare per nulla misericordioso e col suo cattivo odore innesca uno dei principali tormentoni comici. La professoressa di storia dell’arte (Maria Laura Rondanini) cerca di accorciare i tempi per correre a preparare la cena; quella di ragioneria (Marina Massironi, che spesso guadagna il centro della scena e detta i tempi con una grande interpretazione) appare nevrotica ma insegue il rigore professionale che si confà al suo compito. Un grande Roberto Nobile impersona il professore di francese, comicamente catastrofista (“Non c’è più nulla di buono a questo mondo!”), il più insofferente nei confronti dei giovani ai quali insegna, che vede come beduini che dovrebbero solo andare a zappare la terra. A tenere le redini di questo consiglio è il preside (Roberto Citran), con aspirazioni da poeta ma in realtà ignorante e incline a favorire il figlio di un professore.

Il caos simboleggiato dal quadro iniziale, con ogni insegnante che vaga per conto suo parlando da solo, ci fa già intuire come verranno disegnati i personaggi che devono giudicare e indirizzare le nuove generazioni. E’ facile ma corrisponde anche al vero sostenere che, oggi come vent’anni fa, la scuola italiana non funziona, anzi, “funziona solo con chi non ne ha bisogno”. Questi docenti in palese difficoltà, che pure hanno vissuto le agitazioni degli anni ’70, appaiono per lunghi tratti quasi delle macchiette surreali, infantili come e più dei ragazzi, inclini ai litigi e al pettegolezzo. Gli scrutini diventano così una stupida guerra di voti, di cinque che sarebbero quattro ma che si possono passare a sei. L’indignazione per l’indisciplina di Cardini si trasforma nella surreale imitazione da parte dei professori della sua “mosca”, che il pubblico sente ronzare in sala a fine rappresentazione e che continua a volare sbattendo contro il vetro delle finestre della scuola, restando prigioniera di un’istituzione inadeguata. Grande prova del cast in una messa in scena comica dalle molteplici venature amare. Il secondo atto, corale, con qualche lungaggine di troppo, non inficia la riuscita di uno spettacolo che diverte e resta nella mente degli spettatori.

Cristiano Esposito
 
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