Lo spettacolo in scena in questi giorni al Diana di Napoli, scritto da Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi e Diego De Silva, nasce per il teatro ed è stato in origine una prova aperta al pubblico. E’ diventato poi un film uscito nelle sale lo scorso novembre e adesso torna sui palcoscenici di tutta Italia. “Provando...Dobbiamo parlare” è un testo vivace, moderno, con qualche influenza francese, semplice ma pieno di guizzi intelligenti e interpretato da quattro valenti attori. Due coppie di amici diversissimi tra loro cacciano gli scheletri dall’armadio in una notte di litigi, confessioni, tradimenti, lacrime, scoppi d’ira e risate. All’alba la coppia che sembrava sfaldata in partenza si ricompatta, mentre l’altra, quella che pareva governata soltanto dall’amore, mostra insospettabili crepe e fa supporre il suo crollo definitivo nel finale. Il mondo animale che circonda i quattro osserva e punta il dito beffardo sulle piccolezze umane: così fanno un gatto invisibile che ogni tanto fa agitare i protagonisti ed un pesce rosso che commenta la vicenda con una saggezza al di sopra delle parti.
La regia di Sergio Rubini gioca sul metateatro per piccoli frangenti, ma la validità della rappresentazione potrebbe farne tranquillamente a meno senza perderci niente. Nulla di particolarmente originale ma un buon ritmo, quattro personaggi disegnati e scavati con sapienza, un monumentale Fabrizio Bentivoglio e ottime prove anche di Sergio Rubini, Maria Pia Calzone e Isabella Ragonese. L’appartamento romano con terrazza ci viene riportato da Luca Gobbi senza separazione tra le varie stanze, con un velario trasparente e gli ambienti illuminati singolarmente di volta in volta. In questa commedia trovano spazio tante cose: la politica, l’amore, la sincerità, l’ipocrisia, l’amarezza della verità, l’arte, la borghesia e l’intellettualismo. L’amore basta sempre e comunque? E quanto è indispensabile e opportuna la sincerità a tutti i costi? Le risposte che dà la messa in scena sembrano riscontrare il gradimento del pubblico, che si ritrova in molto di ciò che vede e ride tanto. E probabilmente ride tanto, non sempre in maniera consapevole, anche di sé stesso.
Cristiano Esposito
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