Uno
spettacolo semplice, compresso, che induce diversi spunti di riflessione come
flash in una notte qualunque fuori ad uno stadio San Paolo buio e deserto. Ed
invece la vicenda è ambientata nel giorno della finale, della partita che
sublima una stagione di lotte, tafferugli e sudore. Tre tifosi. La partita
più importante. Tre biglietti che non arrivano. La squadra, il campo, la
trasferta, la fedeltà ai propri colori. “La nostra unica fede” è tratto da scritti di autori inglesi come Keeffe,
Hornby, Hooper e Welsh. Spesso i problemi della classe operaia si fondono con
la passione smodata per il calcio, che a tratti fa perdere di vista la reale
scala di priorità nella vita oppure fa mettere tutto nelle mani di una “famiglia”
che, quella sì, mai potrà tradirti o abbandonarti. Marco Mario De Notaris,
Giampiero Schiano e Tonino Taiuti mettono in scena la travolgente tragicomicità
della passione calcistica, dell’attesa per una vittoria che può durare anche
anni e che può non arrivare mai, rinnovata dopo ogni sconfitta egualmente come
dopo ogni vittoria. Un linguaggio universale quello dei tifosi accaniti, cosa
che rende relativamente semplice trasferire a Napoli i personaggi senza tradire
i modelli originali. Il calcio e il tifo si dimostrano valida metafora per
parlare di operai, politica (illuminante il parallelo col comunismo), lavoro,
sempre in un’atmosfera di luci crepuscolari, al di qua del muro da abbattere e
osservato con occhi sognanti, perché “è bello far parte di qualcosa, essere
uniti, non come in fabbrica”. Ma i tre protagonisti restano fuori, mentre la
storia la stanno scrivendo là dentro, senza di loro. Il calcio in realtà non ha
bisogno di noi, al massimo solo dei nostri soldi. Noi però in qualche modo
dobbiamo pur sfogare, e “voi non ci potete ignorare”. Altrimenti sfondiamo i
cancelli.
La regia
dello spettacolo, in scena fino a domenica 17 marzo 2013 al Piccolo Bellini di
Napoli, è di Simone Petrella.
Cristiano Esposito
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