Sin dall'apertura del sipario capiamo, mediante
una canzonetta da rivista, che "Eduardo al Kursaal" sarà un viaggio
attraverso le forme di spettacolo di un tempo e la comicità degli esordi
eduardiani. L'operetta che l'impresario (Tonino Taiuti) vuole convincere inserire
a tutti costi in uno spettacolo nello spettacolo, circuendo il gestore del
cinema teatro Kursaal (Arduino Speranza), ne è la definitiva conferma. Quella
stessa operetta, "La vedova allegra" compressa in soli dieci minuti
per il poco tempo a disposizione, verrà effettivamente messa in scena in coda
allo spettacolo dagli attori-cantanti interpretati da Mariangela D'Abbraccio e
Francesco Paolantoni, rispettivamente soprano e tenore.
"Eduardo al Kursaal" è un progetto di
Luca De Filippo e Armando Pugliese su testi di Eduardo De Filippo. Una decina
d'anni fa conobbe un discreto successo con la rappresentazione di altri atti unici
del grande drammaturgo, protagonisti Silvio Orlando e Rocco Papaleo. Il cinema
teatro Kursaal, che oggi non esiste più, era una sala napoletana con la quale i
fratelli De Filippo sottoscrissero un breve contratto di soli sette giorni nel
dicembre del 1931. Le cronache dell'epoca lo descrivono come "un locale
frequentato dalla Napoli bene, abbastanza grande e pulito, di stile moderno e
provvisto di un piccolo palcoscenico attrezzato alla meglio per spettacoli di
prosa". I De Filippo debuttarono qui il 25 dicembre con la prima
versione di "Natale in casa Cupiello" e il successo fu di tali
proporzioni da rendere necessaria la proroga del contratto, dapprima per due
settimane, poi per alcuni mesi, fino al maggio del 1932. Da qui i tre fratelli
spiccarono il volo, sostenuti unanimemente dalla critica napoletana, diventando
il punto di riferimento del pubblico popolare e degli intellettuali partenopei.
Ogni lunedì dovevano rappresentare un nuovo atto unico durante il cambiamento
del programma cinematografico. In breve diventò un appuntamento attesissimo per
gli spettatori napoletani e una spinta per i tre a creare un vero e proprio
repertorio originale, che fungerà da palestra per i grandi capolavori della
maturità di Eduardo. Non sono mai abbastanza gli omaggi ad un maestro
incommensurabile, capace di far vibrare un'intera sala solo con lo sguardo e i
suoi silenzi. Tanto più quando nel 2014 ricorrerà il trentennale della sua
scomparsa.
Lo spettacolo propone quattro atti unici di assoluta attualità intrisi di una comicità che riflette sulla vita ed esorcizza la morte. Si comincia con "Amicizia", il testo più recente (1952), in cui vediamo Alberto (Francesco Paolantoni) che dopo tanto tempo fa visita all'amico Bartolomeo (Tonino Taiuti), in fin di vita. Alberto si ritrova a fingere di essere diverse persone per accontentare l'uomo malato, ma durante uno di questi travestimenti verrà colpito dalla confidenza che il suo figlio primogenito è nato da una relazione della moglie con Bartolomeo stesso. Il secondo atto è "La voce del padrone", del 1932, storia di una scalcagnata orchestra in sala d'incisione per registrare la canzone "Adduormete cu' mme". Tra liti, tafferugli e quant'altro, incidere degnamente il brano si rivelerà un'impresa. La seconda parte dello spettacolo si apre con delle macchiette eseguite dalla D'Abbraccio e da Arduino Speranza, per lasciar poi spazio a "Pericolosamente", atto unico del 1938. Un grosso bersaglio sul fondale e le luci fredde fanno da sfondo alla vicenda che indica come si possa domare una moglie bisbetica (Mariangela D'Abbraccio). Il marito (Francesco Paolantoni), per combattere il pessimo carattere di lei, le spara continuamente dei colpi di pistola a salve, rendendola mite perché convinta di aver ricevuto una grazia dalla Madonna in quanto ancora viva. La farsa si serve di un terzo personaggio, Michele (Tonino Taiuti), amico del marito della donna, in cerca di una stanza da affittare. Da allibito testimone Michele diventerà complice, una volta venuto a conoscenza del trucco. Chiude la messa in scena "La vedova allegra" o "Sintetici a ogni costo", del 1934, una parodia degli spettacoli operistici. I cantanti che avevamo visto in apertura di serata si esibiscono nell'operetta di Franz Lehàr sintetizzata in dieci minuti scarsi. Ne vien fuori una comicissima e frenetica rappresentazione dove il testo e la musica de "La vedova allegra", eseguita da strumenti senza strumentisti, sembrano essere caduti in un frullatore. Nel mezzo, le simpatiche schermaglie tra il tenore Paolantoni e il direttore d'orchestra Taiuti.
In scena, insieme agli attori già citati, Antonio Buonanno, Laura Lazzari, Sergio Celoro, Aurora Sbarbaro, Alessandro Langellotti, Marianna Pastore e Stefania Barresi, diretti da Armando Pugliese. Le musiche sono state composte ed eseguite da Paolo Coletta, le scene (con stampe di dipinti d'epoca e quinte-sipario dietro al sipario vero, ad amplificare il meccanismo di "teatro nel teatro") e i costumi, notevoli, sono di Andrea Taddei, il disegno luci di Francesco Adinolfi. Lo spettacolo è ancora chiaramente e comprensibilmente in rodaggio, ne fanno le spese i tempi comici in quanto in sala non si ride quanto si dovrebbe. Il numero finale, ben congegnato coreograficamente e nelle entrate e uscite, risolleva positivamente il tutto.
Lo spettacolo propone quattro atti unici di assoluta attualità intrisi di una comicità che riflette sulla vita ed esorcizza la morte. Si comincia con "Amicizia", il testo più recente (1952), in cui vediamo Alberto (Francesco Paolantoni) che dopo tanto tempo fa visita all'amico Bartolomeo (Tonino Taiuti), in fin di vita. Alberto si ritrova a fingere di essere diverse persone per accontentare l'uomo malato, ma durante uno di questi travestimenti verrà colpito dalla confidenza che il suo figlio primogenito è nato da una relazione della moglie con Bartolomeo stesso. Il secondo atto è "La voce del padrone", del 1932, storia di una scalcagnata orchestra in sala d'incisione per registrare la canzone "Adduormete cu' mme". Tra liti, tafferugli e quant'altro, incidere degnamente il brano si rivelerà un'impresa. La seconda parte dello spettacolo si apre con delle macchiette eseguite dalla D'Abbraccio e da Arduino Speranza, per lasciar poi spazio a "Pericolosamente", atto unico del 1938. Un grosso bersaglio sul fondale e le luci fredde fanno da sfondo alla vicenda che indica come si possa domare una moglie bisbetica (Mariangela D'Abbraccio). Il marito (Francesco Paolantoni), per combattere il pessimo carattere di lei, le spara continuamente dei colpi di pistola a salve, rendendola mite perché convinta di aver ricevuto una grazia dalla Madonna in quanto ancora viva. La farsa si serve di un terzo personaggio, Michele (Tonino Taiuti), amico del marito della donna, in cerca di una stanza da affittare. Da allibito testimone Michele diventerà complice, una volta venuto a conoscenza del trucco. Chiude la messa in scena "La vedova allegra" o "Sintetici a ogni costo", del 1934, una parodia degli spettacoli operistici. I cantanti che avevamo visto in apertura di serata si esibiscono nell'operetta di Franz Lehàr sintetizzata in dieci minuti scarsi. Ne vien fuori una comicissima e frenetica rappresentazione dove il testo e la musica de "La vedova allegra", eseguita da strumenti senza strumentisti, sembrano essere caduti in un frullatore. Nel mezzo, le simpatiche schermaglie tra il tenore Paolantoni e il direttore d'orchestra Taiuti.
In scena, insieme agli attori già citati, Antonio Buonanno, Laura Lazzari, Sergio Celoro, Aurora Sbarbaro, Alessandro Langellotti, Marianna Pastore e Stefania Barresi, diretti da Armando Pugliese. Le musiche sono state composte ed eseguite da Paolo Coletta, le scene (con stampe di dipinti d'epoca e quinte-sipario dietro al sipario vero, ad amplificare il meccanismo di "teatro nel teatro") e i costumi, notevoli, sono di Andrea Taddei, il disegno luci di Francesco Adinolfi. Lo spettacolo è ancora chiaramente e comprensibilmente in rodaggio, ne fanno le spese i tempi comici in quanto in sala non si ride quanto si dovrebbe. Il numero finale, ben congegnato coreograficamente e nelle entrate e uscite, risolleva positivamente il tutto.
Cristiano Esposito
Nessun commento:
Posta un commento