Quasi tre ore di risate
grasse, pulite, intelligenti. Di battute nuove, tenendo il palco da solo (se si
eccettuano i brevi, piacevoli intermezzi al fianco di Roberto Capasso e Giuseppe
Mosca), senza personaggi, senza musica, senza ballerine, con un'unica battuta a
scapito del pubblico, su uno spettatore attempato che stava per prendere sonno.
Quasi tre ore di battute non fini a sé stesse che analizzano i tic della nostra
epoca e un riassunto della storia politica ed economica europea degli ultimi
quarant'anni per capire come siamo arrivati alla situazione attuale. Il tutto
senza tormentoni e senza volgarità. Adesso trovate le differenze tra la qualità
di un vero artista e ciò che va per la maggiore. Vi accorgerete che, purtroppo,
stiamo parlando di due mondi distanti anni luce.
Riflessioni critiche a parte, è un Simone
Schettino sempre più maturo artisticamente quello che, dopo oltre quindici anni
di teatro, torna in scena al teatro Sannazaro di Napoli. "Se permettete,
vorrei andare oltre" è ambientato in un camerino prima di uno spettacolo,
con Roberto Capasso che interpreta un direttore di scena e Giuseppe Mosca un
ammiratore troppo invadente. Schettino comincia recitando di spalle al pubblico
reale, non ha voglia di andare in scena, appare depresso e si domanda: “la
gente non vuole o non deve pensare?”. Ecco allora un’esibizione che si tiene
davanti ad un pubblico ideale, in un retropalco oltre il cui muro c’è l’altra
platea, quella da narcotizzare e far ridere senza contenuti e spessore. Questa
volta più che mai il comico di Castellammare di Stabia prova a non farsi
influenzare dai gusti di chi lo ascolta, tirando in ballo argomenti e pensieri
scomodi, invitando a non fermarsi alle apparenze o a quello che i potenti
vogliono farci credere.
Un tipo di comicità che non è una novità per
Schettino, che nel 2001 debuttò al teatro Cilea di Napoli poco dopo l’attacco
alle torri gemelle, parlandone alla stessa maniera. Nessun pericolo di un
Grillo bis, tiene a precisare. Nessun sermone. Si va ben oltre la politica, la
sua è una lotta contro il disinteresse, contro il torpore in cui la gente pare
lasciarsi addormentare. Uno sguardo acuto, verace ma mai volgare, senza falsa
retorica, sulla situazione europea, italiana e napoletana. Una verve che in
teatro crea un’atmosfera familiare senza servirsi di facili sfottò indirizzati
alla platea. Schettino discetta dei problemi attuali: alta finanza, politica,
ecologia, sanità, lavoro, pensioni, euro, crisi, moda, animali, tecnologia,
sesso, cucina e diete. Sui temi meno leggeri non entra più di tanto nello
specifico proponendo eventuali soluzioni, probabilmente nemmeno potrebbe né
dovrebbe (è pur sempre un comico, sarebbe bene mantenere sempre i ruoli in
questa maniera). Ma almeno solleva coraggiosamente il problema, ponendosi e
ponendo interrogativi e ipotizzando le cause scatenanti. Si ride per non
piangere della nostra situazione, portando alla nostra coscienza dinamiche
reali e gravi, senza effetti speciali o scene sfavillanti. Simone Schettino è
un cabarettista di gran mestiere, molto legato al dialetto partenopeo ma che meriterebbe
comunque un successo ancora maggiore anche a livello nazionale come degno
rappresentante della Napoli più autentica e sana. Il suo punto di vista è
leggero ma sempre originale e illuminante. Avercene di comici che prediligono
un pubblico pensante come lui, che in questa occasione capovolge l’imperativo
di divertire e distrarre per dare assoluta priorità al ridere
riflettendo.
Cristiano Esposito
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