E' un "Miseria e
nobiltà" quasi a due facce quello messo in scena da Laura Angiulli a
Galleria Toledo. Un primo atto nero come la fame, nelle scene che non ci sono,
nei personaggi e nella recitazione, con solo sei sedie diverse e un soprabito
che non verrà mai impegnato perché non è mica quello di Napoleone. Gli attori
recitano con tono solenne, austero, cupo, con lo sguardo fisso davanti a loro. L'oppressione
in un ambiente angusto, la miseria e la fame nera rendono impossibile la serena
convivenza. Il secondo atto naviga fra la farsa e la macchietta, con luci più
piene e calde, con un doppio sipario che evidenzia la finzione del teatro nel
teatro, in quest'opera elevata a potenza ed evocata continuamente nei dialoghi.
Adesso i personaggi sono simpaticamente accattivanti, recitano la loro parte
con nasi posticci per guadagnarsi una zuppa. Divertono ma non sembrano
divertirsi, tant'è che approfittano della prima occasione utile per riposarsi
dalle fatiche della loro recitazione, si
spaparanzano sui divani e si tolgono i
nasi finti fino alla ripresa della finzione. Il sapiente intreccio di
sentimenti, inganni, umori, amori e mondi distanti soltanto a causa della
disponibilità economica, creato dalla fervida mente di Eduardo Scarpetta nel
1887, regge ancora e spinge a elaborare nuove riletture. Questo grazie anche a
delle figure umane e sociali tratteggiate con acume e originalità. Alla fine
vince chi il denaro veramente ce l'ha, e cioè il nuovo ricco da cui tutti
accorrono e si affannano per attingere qualcosa di cui vivere.
La Angiulli accentua la finzione
in diverse maniere, una su tutte assegnando a Roberto Giordano, che sarà alto
quasi due metri, la parte del piccolo Peppeniello. Ma, ad esempio, anche gli
spaghetti del primo atto e i gelati del secondo non esistono, e gli attori
fingono vistosamente di mangiare in un pentolone vuoto o di leccare cucchiai
puliti che non affondano in alcun bicchiere. Viene conservato con attenzione
poi il fascino del dialetto antico e la sua sempre godibile musicalità,
riverberata da un quasi spensierato Felice Sciosciammocca che si ritrova spesso
a cantare e dalla celebre "risa" di Bernardo Cantalamessa.
Tra gli interpreti spiccano
Alessandra D'Elia, Tonino Taiuti e Agostino Chiummariello, ma è buona anche la
prova del resto della compagnia: Laura Borrelli, Michele Danubio, Roberto
Giordano, Stefano Jotti, Antonio Marfella e Nunzia Schiano, il cui talento
appare un attimino imbrigliato. L'impianto scenico è di Rosario Squillace, le
luci di Cesare Accetta.
Cristiano Esposito
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