mercoledì 29 ottobre 2014

Risate di qualità e tradizione con i fratelli Gallo al Totò di Napoli

Passano gli anni, si succedono le edizioni e gli interpreti (fratelli Gallo a parte) ma il risultato non cambia. “Ti ho sposato per ignoranza”, di Gianfranco Gallo da un’antica farsa di Pasquale Petito (“’A scarrecavarrile”, cioè la scaricabarile), è una miniera di battute e risate figlie della più nobile tradizione teatrale partenopea, una formidabile e immortale macchina comica congegnata perfettamente che continua a divertire enormemente il pubblico.

A inizio spettacolo, davanti al sipario chiuso, alcuni attori raccontano brevemente le vicende di celebri famiglie teatrali napoletane al fianco di riproduzioni fotografiche delle stesse, che resteranno poi affisse sulle pareti della scena. Tra i Maggio, i Petito, gli Scarpetta, i Viviani, i De Filippo, ci sono anche i Giuffrè, fondamentali nell’incontro tra Nunzio Gallo e Bianca Maria Varriale. Da loro nasceranno Gianfranco e Massimiliano, che da trent’anni calcano set e palcoscenici con grande bravura. Prova emblematica ne è  questa storia di tradimenti e perdoni, che trova il suo segreto nella comicità genuina di tradizione e nel grande ritmo, impresso fin dalle prime battute. La semplice trama vede Totonno Savino (Gianfranco Gallo), un ignorante uomo di mezza età, discutere in continuazione con sua moglie (Giusy Freccia). Il suo amico Alfredo (Massimiliano Gallo) è invece un invadente personaggio che spesso irrompe nella casa dei due coniugi e intrattiene una relazione extraconiugale all’insaputa di sua moglie Amalia (Bianca Gallo). Gli esilaranti equivoci che ne deriveranno proseguiranno verso il lieto fine anche con le irruzioni di Gianluca Di Gennaro, bravissimo nel suo ruolo di gagà napoletano, e della cameriera di Totonno, la brillante caratterista Anna De Nitto.
 

Una compagnia di tutto di rispetto insomma, a completare gli ingredienti necessari per una commedia di qualità, semplice ed essenziale ma allo stesso tempo rigorosa e professionale. Tante risate in platea e in scena, tra gli attori che improvvisano e si divertono anch’essi soddisfando una passione vera, tramandata da una famiglia di artisti. Lo spettatore viene trascinato in un’epoca passata ma fondamentalmente indefinita, fermo restando l’attualità dei temi e la vicinanza al moderno sentire. La comicità generosa dei protagonisti attinge a piene mani agli immortali equivoci verbali (figli dell’ignoranza del protagonista, presente già nel titolo della rappresentazione) ed a situazioni classiche come quella della lettera, che i fratelli Gallo rinnovano senza scimmiottare nessuno degli illustri predecessori. “Ho voluto coprire i divani e gli arredi di scena con un lenzuolo bianco, perché il teatro oggi viene tristemente coperto”, afferma Gianfranco Gallo. Ma gli applausi del pubblico divertito scoprono in maniera lampante l’apprezzamento sempre vivo per questo genere di teatro. Lo spettacolo, che apre la stagione del teatro Totò di Napoli, resta in scena fino a domenica 2 novembre. Ritroveremo poi con piacere sul palcoscenico i fratelli Gallo e Gianluca Di Gennaro all’inizio del 2015, con “Fammi fare un gol”.

Cristiano Esposito
 
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sabato 18 ottobre 2014

Le domande e le riflessioni di Stefano Sarcinelli al Sancarluccio di Napoli

La seconda, ricca, stagione del Nuovo Teatro Sancarluccio di Napoli si è aperta con Peppe Miale e prosegue in questi giorni con "...chiedetelo a Pappagone!", di e con Stefano Sarcinelli. Una particolare forma di teatro cabaret-canzone, con Ugo Gangheri e Antonio De Carmine alle chitarre, Mauro Spenillo alla fisarmonica e Carletto Di Gennaro alle percussioni. I quattro, in special modo Gangheri, si dimostrano a proprio agio anche recitando nel ruolo di spalle di Sarcinelli. La Bibbia è il pretesto per porsi domande esistenziali e raccontare storie, pensieri e personaggi mai banali, senza cadere nei soliti argomenti classici dei monologhi cabarettistici. L'attualità viene scandagliata con intelligenza e puntellata da buona musica degli anni '70 (ma anche da brani originali), tra Pistorius, i Led Zeppelin e il presepe. Buona la trovata del format "Song Chef", momento in cui i cinque sul palco cucinano canzoni, prima da soli e poi con il coinvolgimento del pubblico. Irresistibile il personaggio del signor Farlocco, proprietario dell'industria dolciaria omonima nonché finto sponsor dello spettacolo. Sarcinelli attraverso lui racconta un po' del marcio raccapricciante del nostro belpaese, scatenando allo stesso tempo grandi risate. Non poteva mancare una deliziosa versione acustica di "Targato Na" eseguita da De Carmine e Spenillo, in arte "Principe e Socio M.", insieme a Di Gennaro. Di grande effetto anche il crescendo di una ballata che narra la storia di un disoccupato, appena licenziato, che decide di distrarsi cucinando la genovese per alcuni suoi amici.

La regia di Enrico Maria Lamanna tiene insieme i quadri in maniera abbastanza coerente, per uno spettacolo semplice e leggero ma intelligente, ben scritto, fatto di riflessioni, disillusioni, paure e delusioni. Le domande esistenziali, quelle restano senza risposte come è giusto che sia, fatto salvo lo spunto di vedere Dio come un padre dei tempi moderni: assillato e pregato continuamente quando serve, ma allo stesso tempo incolpato ingiustamente di tutto o quasi.

Cristiano Esposito
  


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giovedì 16 ottobre 2014

Luca De Filippo tra il lotto e la farsa, in scena al Diana di Napoli

Dopo la prima tappa di Lucca approda al rinnovato, nella platea, teatro Diana di Napoli l'ultimo lavoro della compagnia di Luca De Filippo: "Sogno di una notte di mezza sbornia". Riadattamento di Eduardo di una pièce del toscano Athos Setti, "La fortuna si diverte" (1933), messo in scena con i fratelli Peppino e Titina nel 1937 (ma anche durante la guerra per tenere alto il morale delle truppe), si rivelò uno degli allestimenti più esilaranti del teatro umoristico dei De Filippo. La commedia venne scritta per la compagnia fiorentina dei Niccòli e messa in scena anche da Ettore Petrolini e Angelo Musco, quando il teatro dialettale in Italia era una realtà importante, prima dei tentativi ostracistici del fascismo. Eduardo ne trasse anche un film teatrale prodotto dalla sua San Ferdinando Film nel 1959 e girato proprio nel suo teatro napoletano.

La trama è incentrata sulla vicenda di Pasquale Grifone, a cui appare in sogno Dante Alighieri che gli dà i numeri di una quaterna secca da giocare al lotto, insieme però alla data della sua morte. La vincita si verifica, la famiglia di Pasquale si adatta rapidamente e spietatamente alla ricchezza senza preoccuparsi del dramma del suo capofamiglia, che attende l'ora fatidica del compimento della seconda parte della profezia. Lo danno per morto quando non lo è, non se ne accorgono, ci vuole il medico per certificarlo

Un copione corale che sembra un canovaccio, che dà la possibilità al protagonista Luca De Filippo di improvvisare riattualizzando e a lui e agli altri attori di dimostrare le proprie capacità nella parola e nel gesto, talvolta clownesco e accompagnato dalle musiche del premio Oscar Nicola Piovani. Un primo atto ridotto al minimo ma ben congegnato, un secondo dove si fa largo la comicità prorompente della farsa e dove il contrasto tra marito e moglie, tanto frequente in Eduardo, lascia il posto al cliché dei "pezzenti saliti" che funziona sempre. Ecco allora che la moglie di Pasquale, una vivacissima Carolina Rosi, da massaia si trasforma in appariscente borghese gentildonna che storpia il corretto italiano e le poltrone di casa Grifone diventano pacchianamente tigrate o leopardate. Centrali la vicinanza nella plebe di grandi gioie e grandi dolori e il gioco del lotto, che fa di questa commedia il prologo alla più fortunata "Non ti pago" del 1940, prossima messa in scena dello stesso Luca De Filippo. E poi il confine-scommessa tra vita e morte, quest'ultima resa con il suo rituale esorcizzato, il degrado della famiglia, il chiaro e l'oscuro, il grottesco tra sogno e realtà, le superstizioni e le credenze popolari dei più poveri che sognano così un futuro migliore. Alla chiusura del sipario non viene detto se la profezia si avvererà fino in fondo, in un finale aperto come quello di "L'arte della commedia".

Compagnia ben diretta da Armando Pugliese, con Paola Fulciniti e Massimo Di Matteo in grande spolvero, ma con tutti gli altri all'altezza: Nicola Di Pinto, Giovanni Allocca, Carmen Annibale, Gianni Cannavacciuolo e Giulia Pica.

Cristiano Esposito
 
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