giovedì 23 febbraio 2017

"Una festa esagerata…!": l'omaggio di Salemme al suo maestro Eduardo e alla sua produzione migliore

Vincenzo Salemme ha debuttato a Napoli al teatro Diana con una sua nuova importante commedia. "Una festa esagerata…!" si può definire così perché segna un netto innalzamento dell'asticella della qualità da parte dell'autore-attore napoletano rispetto alle sue ultime opere drammaturgiche. Lo spettacolo riporta alla mente i tempi, i contenuti e lo stile di "Cose da pazzi ovvero lo strano caso di Felice C." (era il 2003), ma anche di Premiata Pasticceria Bellavista (del 1998). Accantonate trame fantastiche e siparietti da monologhista comico Salemme torna a scrivere un testo irresistibilmente comico dal retrogusto amaro, che non disdegna satira e critica sociale senza alcuna retorica. Un esempio su tutti, il puteolano costretto a fingersi indiano per lavorare che maledice il Jobs Act.

In un palazzo napoletano Gennaro Parascandolo e sua moglie Teresa preparano una festa in grande stile per i diciotto anni della loro figlia Mirea. Peccato che al piano di sotto il novantaduenne Giovanni muoia proprio il giorno del party gettando sua figlia Lucia nella disperazione. Questo l'accenno di una trama ricca di sorprese e tutta da scoprire. Numerose le citazioni di Salemme di grandi del teatro napoletano ("Non ti pago" di Eduardo, "'A livella" di Totò) ma anche del suo cinema (i piccioni che tormentano il collaboratore domestico straniero). Il protagonista, affacciato alla sua terrazza, parla spesso con un dirimpettaio che si chiama proprio Eduardo: evidente il richiamo al professor Santanna di "Questi fantasmi!". Salemme in sedia a rotelle ricorda immediatamente Luca Cupiello, la cui voce si udirà sul finale. Addirittura il secondino interpretato da Antonio Guerriero cita "La smorfia" di Arena-Decaro-Troisi: "Sei fidanzato? Aspetto una risposta".

La grande maggioranza dei meccanismi comici nasce dalla storpiatura delle parole, in un'ignoranza generale che risparmia solo Gennaro Parascandolo e in parte Lucia. Al centro della rappresentazione l'odio tra familiari (quanto Eduardo c'è anche in questo!) e tra vicini di casa, che rende un po' più comprensibile lo scoppio delle guerre tra paesi anche lontani. Ad un certo punto pure il protagonista viene costretto a disumanizzarsi, ad uniformarsi in parte all'ipocrisia imperante. Alla prima il pubblico ride ed applaude entusiasta un Salemme promosso a pieni voti, che omaggia il suo maestro Eduardo innovando la tradizione e dimostra di saperne fare sapientemente tesoro. In scena con lui i bravissimi Antonella Cioli (Lucia), Teresa Del Vecchio (Teresa), Antonio Guerriero (il secondino), Nicola Acunzo (il prete Don Pasquale), Sergio D'Auria (Alberto), Giovanni Ribò (Giovanni), Mirea Stellato (Mirea) e Vincenzo Borrino (Atzoka).


Cristiano Esposito
Condividi

mercoledì 8 febbraio 2017

"Elvira": l'inno al teatro e alla recitazione di Toni Servillo al Bellini di Napoli

Questo “Elvira” che Toni Servillo porta in scena al Bellini di Napoli in questi giorni con grande successo di pubblico è un autentico inno alla recitazione e al teatro. Un viaggio alla ricerca del personaggio da interpretare, infarcito di elementi di tecnica eppure alla portata di tutti e con punte notevoli di divertimento. Sì, perché diverse sono le risate che Servillo strappa alla platea anche soltanto con una mimica straordinaria; la sua caratterizzazione di Jouvet teorico della recitazione è assolutamente carismatica e irresistibile.

Lo spettacolo, che ha debuttato nell’ottobre dello scorso anno al Piccolo di Milano dove nel 1986 andò in scena la versione di Strehler, vede il protagonista del film “La grande bellezza” in veste di attore protagonista e regista. Tratto da “Elvire Jouvet 40” di Brigitte Jaques, la quale si servì più di trent’anni fa degli scritti delle sette lezioni date a Parigi dal grande attore francese, si fonda su una toccante scena del “Dom Juan” di Molière. Stiamo parlando dell’addio di Elvira. Jouvet-Servillo spiega a lungo come interpretarla a Claudia (che è esistita davvero e portava il nome di Paula Dehelly: fu denunciata in quanto ebrea e bandita dai teatri) e, con gli altri attori in scena che sono poi i valenti Petra Valentini, Francesco Marino e Davide Cirri, scende spesso verso la prima fila della platea durante la messa in scena. Fuori dal teatro in cui provano incombe la storia, quella dei nazisti e della seconda guerra mondiale.

Servillo ha voluto questo spettacolo “per significare soprattutto ai giovani la nobiltà del mestiere di recitare, che rischia lo svilimento in questi tempi confusi”. Un’operazione di teatro nel teatro riuscitissima, breve, intensa, ricca di significati e fonte di riflessioni per il pubblico. Numerose le chiamate di quest’ultimo agli attori alla fine di uno spettacolo sicuramente importante e da non perdere per tutti.

Cristiano Esposito
Condividi