sabato 20 aprile 2013

Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi sono "Due di noi" al Diana di Napoli

Uno spettacolo garbato, misurato e divertente quello che Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi portano in scena al teatro Diana di Napoli in questi giorni. "Due di noi" è composto da tre atti unici tratti da storie matrimoniali che mettono a nudo i paradossi della vita di coppia, scritte da Michael Frayn. Il drammaturgo inglese debuttò in teatro a Londra nel 1970 proprio con questa commedia (con un atto unico in più), dodici anni prima del grande successo di "Noises off" ("Rumori fuori scena"). I due attori baresi formano una bella coppia sulla scena e accompagnano gli spettatori nelle pieghe del mondo coniugale con umorismo e sarcasmo, evidenziandone le piccole e grandi crisi, le mancanze, le tensioni, le incomprensioni, l'incomunicabilità e il logorio del rapporto. Nella prima storia affrontano un esaurimento nervoso a causa di un pargoletto insonne e urlante dopo essere tornati in vacanza a Venezia nella stessa camera d'albergo dove avevano trascorso la luna di miele. Inevitabile il confronto tra il prima e il dopo la nascita del bambino, da cui viene fuori una certa comicità amara. Chi erano prima del "lieto evento"? Cosa facevano e come litigavano? La seconda vicenda azzera la comunicazione di coppia al punto che la moglie vi sopperisce dialogando in modo surreale con il piede in perenne movimento del marito, unica parte del corpo che ancora risulta in qualche modo espressiva. Umorismo inglese per un quasi monologo della Savino. L'ultima parte dello spettacolo è un virtuosismo drammaturgico e attorale che dà libero sfogo alla versatilità del duo Savino-Solfrizzi, che qui ricoprono più ruoli a testa nella stessa storia, cinque in tutto. Marito e moglie si ritrovano a dover gestire una cena alla quale hanno invitato, per errore, una coppia di amici da poco lasciatisi e il nuovo compagno di lei. La farsa si rivela efficace grazie al sapiente meccanismo di entrate, uscite e travestimenti e alza notevolmente il ritmo della rappresentazione. 

La regia è di Leo Muscato, per un testo che richiede grande bravura dei due soli attori in scena e dona loro la possibilità di valorizzare le proprie capacità anche estemporanee. Prova superata per Lunetta Savino ed Emilio Solfrizzi, che dimostrano affiatamento, eclettismo e capacità di vestire e svestire rapidamente i panni di personaggi anche molto diversi tra loro. Uno spettacolo che illustra efficacemente come la leggerezza non sia obbligatoriamente sinonimo di superficialità e semplificazione.

Cristiano Esposito
 
                        
Condividi

mercoledì 10 aprile 2013

Il "Riccardo III" di Alessandro Gassmann, mix di arcaico e contemporaneo in stile Burton


Grandi applausi alla prima napoletana al teatro Bellini di "RIII - Riccardo terzo", con Alessandro Gassmann nei panni del protagonista. Giunto ormai alla terza interpretazione di un'opera di William Shakespeare, l'illustre figlio d'arte è per la prima volta anche regista e ideatore scenico complice l'incontro con Vitaliano Trevisan, che si è occupato della traduzione e dell'adattamento. Il testo giovanile del Bardo, composto tra il 1591 e il 1592, viene qui reso con un linguaggio per lunghi tratti accattivante e divertente, asciutto e secco, attraverso un lessico diretto e privo di filtri. Arriva comunque allo spettatore la complessità, la forza e la bellezza di una drammaturgia che descrive il furore violento, la brama di potere, l'assoluta mancanza di regole e la follia omicida di Riccardo III. Con l'imperitura attualità dei grandi autori, in questo caso data dallo scavare nelle pieghe oscure dell'inconscio e nelle deformità dell'animo umano.  
 
"E' come se non avessi sfumature, se non sono il primo mi sento l'ultimo". Alessandro Gassmann, che ha ripristinato recentemente la seconda "n" finale del suo cognome tolta tanti anni fa dal padre Vittorio, e che rimarca l'origine ebrea della sua famiglia, appare a suo agio nei panni di Riccardo. Il gran lavoro di Trevisan riduce gli oltre quaranta personaggi per dieci attori (sei dei quali non possono interpretare doppi ruoli) e compatta il tutto in due ore e un quarto, con stile quasi filmico. Il protagonista è reso volutamente gigantesco, con scarpe enormi, fuori scala rispetto agli altri attori e alla scena, costretto a chinarsi per potersi specchiare, passare da una porta o guardare qualcuno negli occhi. La sua altezza simboleggia la diversità della sua anima malvagia, che per il potere non si ferma davanti a nulla. Nato con i denti per mordere il mondo, Riccardo anticipa tutti dicendo quello che farà, come fosse regista e drammaturgo di sé stesso. In fin dei conti è lui a mandare avanti l'intero
meccanismo e solo per Amleto il Bardo aveva scritto una parte più estesa: siamo davanti ad un eroe ed anti-eroe, che manipola il destino suo e quello degli altri, dimostra una cattiveria assoluta e affascinante, sa essere ammaliatore e ironico. Accanto a Riccardo-Gassmann un'ottima compagnia, con alcuni attori impegnati in più ruoli: Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Manrico Gammarota, Emanuele Maria Basso, Sabrina Knaflitz, Marco Cavicchioli, Marta Richeldi, Sergio Meogrossi, Paila Pavese. Apprezzabili i costumi del napoletano Mariano Tufano, che spaziano dal Medioevo all'Ottocento, passando per la seconda guerra mondiale. Le scene, tra il gotico e il crepuscolare in stile Tim Burton,  tra antichi rosoni gotici e moderne strutture in cemento armato, coadiuvate da sapienti videoproiezioni, sono di Gianluca Amodio. Ma l'osmosi tra arcaico e contemporaneo è onnipresente in questa messa in scena. Un'operazione, pare riuscita con successo, mirata a trascinare anche i giovani a teatro (vedi anche i pannelli 3d nel foyer, i trucchi e le atmosfere dark), ad assistere al teatro classico, con la "t" maiuscola.
 
Cristiano Esposito
 
                               
Condividi

domenica 7 aprile 2013

Il surreale comico che parla di noi: Antonio Rezza in scena al Bellini di Napoli con "Fratto_X"


L’assurdo che a tratti diventa plausibile, narrato in pieno stile Achille Campanile, attaccando gli stereotipi della comunicazione corrente, con una comicità fisica, esuberante. Il nonsense di Antonio Rezza è qualcosa di speciale, ma diventa unico nell’ambito degli spazi vestiti da Flavia Mastrella. Accanto alla demenza ci vuole la forma che l'accompagni, altrimenti sembrerebbe tutto stupidità , come dice lui stesso in “Fratto_X”. Stoffe color carne a forma di "x" dalle numerose possibilità figurative e una città fatta con stoffa e metallo fanno da habitat delle sue performance. In questo nuovo lavoro Rezza è cresciuto tanto, gira di meno il palco, si mantiene di più al centro,  sembra tirare a tratti il freno a mano della sua esuberanza, trattenendo il corpo e sciogliendo le briglie alla lingua. Dopo il fortunato "7-14-21-28", “Fratto_X” ci domanda tra le righe quando e quanto siamo davvero noi stessi, quanto parliamo con parole nostre e quanto con quelle degli altri, come accade al suo compagno di scena Ivan Bellavista. Genialità in scena che possono essere partorite solo da una follia senza regole, o comunque con regole diverse da quelle convenzionali. Ciò permette di scardinare il conformismo della televisione, dei rapporti di coppia (l'amore è residenza, soltanto i rapporti superficiali non sono dettati dal caso, quelli più profondi sono frutto della casualità) e del teatro stesso. Gli oggetti e i personaggi in scena attorno a Rezza sono telecomandati, robot manipolati come il potere costituito vorrebbe fare con tutti noi. Rita e Rocco in taxi si imitano l’un l’altro così come tendono a fare in molti oggi nella realtà, in una spersonalizzazione dominante. Summa delle capacità dell'attore di origini piemontesi il numero finale in cui, con uno specchio riflettente la luce dei proiettori su alcuni spettatori a turno, racconta una folle storia dall'esito esilarante. L’incognita dell’equazione “Fratto_X” forse è proprio la nostra identità perduta. Capiamo che qualcosa non va ma non riusciamo a sottrarci alla manipolazione, alla tirannia del potere. E continuiamo a giacere sotto un fratto che ci uccide per eccessiva semplificazione. 

Questo e molto altro è Antonio Rezza. Uno che esce di scena per qualche minuto e fa continuare lo spettacolo, tra le risate inspiegate e inspiegabili della platea, anche senza di lui e senza nient’altro. Da oltre vent'anni con Flavia Mastrella si diletta ad uccidere senza alcuna pietà il senso comune, raccogliendo il consenso di un pubblico molto eterogeneo. Senza pretesa di risolvere i problemi, casomai riuscendo a causarne di nuovi. Difficile spiegare i suoi spettacoli, molto più facile assistervi e divertirsi con spensieratezza. Ma... “esiste ancora la spensieratezza?”. Oppure ci è stata "stroncata alla nascita"? Venite a teatro e capirete, forse.


Cristiano Esposito

                                                    
Condividi

venerdì 5 aprile 2013

"Gomorroide": Gomorra secondo I Ditelo Voi, in scena al Totò di Napoli

Prima napoletana al teatro Totò per "Gomorroide", il nuovo spettacolo firmato da "I ditelo voi". Gioco di parodie del film "Gomorra" e della camorra in generale, vista attraverso la lente deformante dell'ironia. Bravi Francesco De Fraia, Raffaele Ferrante e Mimmo Manfredi a scovare i diversi lati grotteschi della cultura camorristica, attraverso i quali smontano e dissacrano l'assurdo alone epico creato dal filone di film e fiction incentrate sull'argomento. Accanto ai tre mattatori comici il piccolo Francesco Romano, Rita Corrado, cantante e attrice, ed Enzo Costanza, nei panni di un divertente Roberto Saviano che con i suoi interventi funge da trait d'union tra gli sketch proposti.
 
Si parte dalla versione satirica della scena delle lampade abbronzanti in "Gomorra", si ride del mercato della droga a Scampia (le cui vele fanno riprodotte sul fondale fanno da scenografia all'intero spettacolo) e dei suoi spacciatori sempre più giovani che già parlano in gergo camorristico. Inevitabile toccare l'argomento

immondizia, con le terre inquinate anche da rifiuti tossici provenienti dal nord e riversati lì dove si coltivano ortaggi, frutta, verdura e pascolano le bufale della celebre mozzarella. Si gioca sull'equivoco nello sketch dei carcerati, mentre uno dei momenti più esilaranti è quello che vede Ferrante e Manfredi correre in mutande per la platea, sparando senza motivo, mitra in mano, nella parodia della scena in spiaggia del film di Garrone. Esilarante ed arguto anche il momento del "Camorra's got talent", dove i tre provinano aspiranti affiliati. Non è da meno lo sketch in cui si cerca di vendere ad uno sprovveduto turista le vele di Scampia, sul calco di ciò che fa Totò in "Totòtruffa 62" con la fontana di Trevi. Attesi quanto amati i personaggi dei "gomorroidi", killer del clan già visti su Raidue a "Made in sud", con il "Fai schifooo!" pronunciato da Mimmo Manfredi ormai già tormentone conclamato. Tra le parodie cantate più riuscite la storia di "Romeo e Concetta", amore partenopeo ostacolato dai contrasti tra le famiglie dei Munnezzi e dei Capocchioni, che chiude lo spettacolo.


Ennesima prova di maturità per "I ditelo voi", alle prese questa volta con un lavoro monotematico che esorcizza con la loro tipica comicità la delinquenza e anche una certa mentalità tipica del sud. Nessun messaggio retorico, nessuna ricetta per risolvere il problema, se si eccettua una breve riflessione finale. Solo divertimento e risate, che gli applausi di questa prima napoletana ripagano generosamente. Non sarà e giustamente non deve essere questo spettacolo ad invertire la triste tendenza, per la quale, come dice Manfredi in una illuminante battuta, "la nostra città per certe cose è sacra, per certe altre...nun ce ne fotte proprio".

Cristiano Esposito
 

Condividi

martedì 2 aprile 2013

Joe Barbieri chiude il suo tour mondiale con Fabrizio Bosso, respirando aria di casa

Prosegue la grande stagione musicale del teatro Trianon di Napoli, prosegue il grande marzo di "Trianon music live". Lunghi applausi a scena aperta per Joe Barbieri e Fabrizio Bosso ieri sera, per un concerto che ha entusiasmato ed emozionato i presenti in sala. Il cantautore partenopeo chiude qui il suo Respiro Tour, che tante soddisfazioni gli ha dato in giro per il mondo. E lo fa con un pensiero e un impegno pratico per la sua Napoli, recentemente offesa dall'incendio di "Città della scienza" e ora bisognosa di andare con "coraggio oltre l'infamia". Gli incassi della serata vanno in parte per la ricostruzione, così come quelli derivanti dalla vendita su ebay, che parte oggi, delle scenografie dipinte del tour appena concluso. 

Solita musica raffinata, elegante e ben suonata quella di Joe Barbieri e del suo quartetto formato da Antonio Fresa al piano, Sergio Di Natale alla batteria, Giacomo Pedicini al contrabbasso e Stefano Iorio al violoncello. Si parte con "Zenzero e cannella", brano che ha lanciato l'ultimo album "Respiro", "Fammi tremare i polsi", "Diamoci del tu" e "Scusami", lungamente applaudita per l'intensità e il testo toccante. Dopo "Le milonghe del sabato" e "Gira e rigira", che coinvolge il pubblico nei cori, entra in scena Fabrizio Bosso, eccezionale trombettista torinese. Insieme eseguono, divertendosi e divertendo, "Io che amo solo te", "Forma e sostanza", "Pura ambra", "Leggera", "In questo preciso momento" e "Lacrime di coccodrillo", che vede una meritata ovazione del pubblico per l'assolo di Bosso, mostruoso anche in "Étape par étape par étape". E' una serata di grande musica, frutto di bravura e grande complicità di Joe con la sua band di lungo corso, fatta di sorrisi e intesa perfetta. Il concerto si chiude con "Microcosmo", che chiama ancora una volta in causa i presenti per il coro e vede un lungo e travolgente assolo alla batteria di Sergio Di Natale. Bis chiesti a gran voce e che si materializzano con "Normalmente", eseguita dal solo Joe Barbieri con la chitarra, "In una stanca indifferenza" e "La voglia e la pazzia", portata al successo da Ornella Vanoni. Ancora applausi e ringraziamenti reciproci, con un emozionato "viva Napoli" finale di Joe fatto di speranza e gesti concreti.
 
Cristiano Esposito
Condividi