mercoledì 10 aprile 2013

Il "Riccardo III" di Alessandro Gassmann, mix di arcaico e contemporaneo in stile Burton


Grandi applausi alla prima napoletana al teatro Bellini di "RIII - Riccardo terzo", con Alessandro Gassmann nei panni del protagonista. Giunto ormai alla terza interpretazione di un'opera di William Shakespeare, l'illustre figlio d'arte è per la prima volta anche regista e ideatore scenico complice l'incontro con Vitaliano Trevisan, che si è occupato della traduzione e dell'adattamento. Il testo giovanile del Bardo, composto tra il 1591 e il 1592, viene qui reso con un linguaggio per lunghi tratti accattivante e divertente, asciutto e secco, attraverso un lessico diretto e privo di filtri. Arriva comunque allo spettatore la complessità, la forza e la bellezza di una drammaturgia che descrive il furore violento, la brama di potere, l'assoluta mancanza di regole e la follia omicida di Riccardo III. Con l'imperitura attualità dei grandi autori, in questo caso data dallo scavare nelle pieghe oscure dell'inconscio e nelle deformità dell'animo umano.  
 
"E' come se non avessi sfumature, se non sono il primo mi sento l'ultimo". Alessandro Gassmann, che ha ripristinato recentemente la seconda "n" finale del suo cognome tolta tanti anni fa dal padre Vittorio, e che rimarca l'origine ebrea della sua famiglia, appare a suo agio nei panni di Riccardo. Il gran lavoro di Trevisan riduce gli oltre quaranta personaggi per dieci attori (sei dei quali non possono interpretare doppi ruoli) e compatta il tutto in due ore e un quarto, con stile quasi filmico. Il protagonista è reso volutamente gigantesco, con scarpe enormi, fuori scala rispetto agli altri attori e alla scena, costretto a chinarsi per potersi specchiare, passare da una porta o guardare qualcuno negli occhi. La sua altezza simboleggia la diversità della sua anima malvagia, che per il potere non si ferma davanti a nulla. Nato con i denti per mordere il mondo, Riccardo anticipa tutti dicendo quello che farà, come fosse regista e drammaturgo di sé stesso. In fin dei conti è lui a mandare avanti l'intero
meccanismo e solo per Amleto il Bardo aveva scritto una parte più estesa: siamo davanti ad un eroe ed anti-eroe, che manipola il destino suo e quello degli altri, dimostra una cattiveria assoluta e affascinante, sa essere ammaliatore e ironico. Accanto a Riccardo-Gassmann un'ottima compagnia, con alcuni attori impegnati in più ruoli: Mauro Marino, Giacomo Rosselli, Manrico Gammarota, Emanuele Maria Basso, Sabrina Knaflitz, Marco Cavicchioli, Marta Richeldi, Sergio Meogrossi, Paila Pavese. Apprezzabili i costumi del napoletano Mariano Tufano, che spaziano dal Medioevo all'Ottocento, passando per la seconda guerra mondiale. Le scene, tra il gotico e il crepuscolare in stile Tim Burton,  tra antichi rosoni gotici e moderne strutture in cemento armato, coadiuvate da sapienti videoproiezioni, sono di Gianluca Amodio. Ma l'osmosi tra arcaico e contemporaneo è onnipresente in questa messa in scena. Un'operazione, pare riuscita con successo, mirata a trascinare anche i giovani a teatro (vedi anche i pannelli 3d nel foyer, i trucchi e le atmosfere dark), ad assistere al teatro classico, con la "t" maiuscola.
 
Cristiano Esposito
 
                               
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