lunedì 30 gennaio 2012

Luca Sepe torna al Sannazzaro di Napoli con "Canto da tanti anni...e so anche nuotare!!!"

Luca Sepe torna al Sannazzaro di Napoli un anno dopo con “Canto da tanti anni…e so anche nuotare!!!”
Esattamente un anno fa recensivamo positivamente Luca Sepe e il suo spettacolo "Tutto quel po' po' che so fare", tenutosi al teatro Sannazzaro di Napoli. Dodici mesi dopo il palcoscenico è lo stesso e il nuovo spettacolo si chiama “Canto da tanti anni…e so anche nuotare!!!”, simpatico riferimento al grandissimo successo teatrale di Massimo Ranieri. Il tema centrale sono ancora i napoletani, Napoli e la sua canzone. La risposta del pubblico è stata altrettanto calorosa, con quel divertimento e quel coinvolgimento già visti un anno fa. Ma, probabilmente, sono poche le novità e le trovate che alzano il livello della rappresentazione, specie per chi ha già assistito a quella precedente.

Luca Sepe è a nostro parere un ottimo cantante con una voce portentosa. Ha inoltre un ottimo istinto musicale, sa scrivere canzoni e si disimpegna egregiamente alla chitarra. E’ questo il suo talento maggiore, dovrebbe essere questo il suo mestiere. Sappiamo quanto sia difficile destreggiarsi nell’industria discografica italiana ed emergere con il solo ausilio del talento; lo ha capito anche Luca in prima persona e si è intelligentemente creato una particolare nicchia di pubblico che lo ammira da anni. Ecco allora le canzoni parodiate, i personaggi che è possibile ascoltare ogni giorno in onda su Radio Kiss Kiss Napoli e tutto il resto. Ci si diverte, anche a teatro (un po’ meno, personalmente, con le parodie), ma resta latente il rimpianto di non poter vedere Luca Sepe prodigato a tempo pieno nel suo talento principale.

Detto questo, la tre giorni al Sannazzaro è andata benone. Lo spettacolo per lunghi tratti sembra una serata di animazione da taverna e forse è proprio quello che tutti si aspettavano. Il pubblico è contento, Luca è compiaciuto della risposta ottenuta. Un anno fa chiudevamo il pezzo facendo i nostri migliori auguri alla carriera artistica di Luca Sepe. In questa occasione glieli rinnoviamo sinceramente, sperando di tornare presto ad ammirarlo su palcoscenici anche più importanti, come merita. Magari ridendo un po’ meno ed emozionandoci un po’ di più attraverso la sua voce e le sue canzoni.

Cristiano Esposito
  
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sabato 28 gennaio 2012

Carlo Giuffrè in scena al San Ferdinando di Napoli con “Questi fantasmi!”, tra applausi ed emozioni

Un vero artista non può mai smettere di emozionarsi. Nemmeno ad ottantatrè anni, quando più niente può scalfire una strepitosa carriera lunga oltre sessant’anni tra teatro, cinema e televisione. Si emoziona sinceramente Carlo Giuffrè, come una comparsa al debutto; l’accoglienza del San Ferdinando di Napoli lo commuove e gli rompe le parole in gola. Torna nel teatro del suo maestro Eduardo, col quale debuttò all’età di soli ventun’anni. Non saliva su quel palcoscenico dai primi anni ottanta, quando la sala appariva piuttosto fatiscente e la pioggia penetrava dal soffitto fino a cadere sulle teste degli spettatori. Adesso lo storico San Ferdinando è in condizioni decisamente migliori ma è ancora tutto da restituire a Napoli e ai napoletani. Ci auguriamo si continui a lavorare per questo.

Da oltre sessantacinque anni “Questi fantasmi!” di Eduardo De Filippo sorprende per la sua immutata attualità, forse oggi più che mai. Il maestro fu straordinario profeta quando, all’epoca delle prime rappresentazioni, dichiarò:  "Oggi la gente ride ma un giorno, fra 50 anni forse, ne piangerà!". Viviamo tempi duri, con pochi scrupoli, dove spesso regnano cinismo e opportunismo. E da oltre sessantacinque anni la commedia lascia irrisolto il dubbio fondamentale: Pasquale Lojacono agisce in buona o in mala fede? Finge di non conoscere la realtà o davvero non riesce ad afferrarla? La sapiente costruzione drammaturgica mantiene sempre viva quell’ambiguità che diversi critici hanno definito un’influenza del relativismo pirandelliano. Il paranormale come soluzione ai nostri problemi, come viatico per la felicità e la serenità: Pasquale Lojacono non intende affrontare la realtà meglio di così.

Giuffrè dimostra ancora una volta di sapersi disimpegnare eccellentemente tra il registro comico e quello drammatico all’interno dello stesso personaggio. Arrivato ormai alla messa in scena della settima opera eduardiana, si conferma degno custode della migliore tradizione attoriale napoletana. E’ palpabile il suo lavoro di regia: aggiunge qualcosa al testo con molta misura e sobrietà, con scelte a volte felici e altre un po’ meno, e carica di mistero e atmosfera la presenza dei “fantasmi” anche con l’ausilio di videoproiezioni sulle scene.

Tra gli attori si fa apprezzare in particolar modo Piero Pepe nei panni del portiere, mentre l’interpretazione degli altri resta ben lontana da quella di Carlo Giuffrè. A fine rappresentazione tutti in piedi ad applaudire lungamente uno degli ultimi mostri sacri del nostro teatro. Che a ottantatrè anni trova ancora motivi per commuoversi e girare l’Italia dispensando la sua arte. Come ogni vero artista, nutrendosi di applausi ed emozioni.

Cristiano Esposito

 
Lo spettacolo resta in scena al teatro San Ferdinando di Napoli fino a domenica 5 febbraio 2012. Per info consultare il sito www.teatrostabilenapoli.it.



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venerdì 27 gennaio 2012

David Larible, “Il clown dei clown” in scena al Bellini di Napoli

In questi giorni al Bellini di Napoli è possibile ammirare un’eccellenza italiana che ha raccolto successi in quattro continenti. David Larible, probabilmente il più grande clown al mondo, è italiano, nato a Verona pure se il suo cognome tradisce origini francesi. Viene da una famiglia che ha perpetuato per ben sette generazioni la tradizione circense; nel 1980 decide di specializzarsi come clown e da allora il successo lo ha sempre accompagnato in tutto il mondo. Per dare un’idea del suo curriculum basterebbe ricordare l’oro al Festival di Montecarlo del 1999 (è soltanto il terzo clown della storia a raggiungere questa onorificenza, considerato anche che per Popov e Rivel fu un premio alla carriera) e che tra i suoi ammiratori è possibile annoverare Woody Allen, Jerry Lewis, Francis F. Coppola e Steven Spielberg.

“Il clown dei clown” è uno spettacolo semplice, essenziale ma allo stesso tempo un’esperienza fantastica e forse unica. La leggerezza del clown gli permette di far ridere o commuovere nello spazio di un gesto, di un movimento di sopracciglia. E David è così, lieve come Charlie Chaplin, irriverente come il nostro Totò; sa cosa suscitare nel pubblico e sa come farlo senza effetti speciali. La sottile storia che serve da pretesto per sfoggiare le sue migliori creazioni parte dalla vicenda di un inserviente che diventa artista per la durata della rappresentazione, muta in un classico augusto continuamente pungolato dal clown bianco Gensi che disprezza il suo operato con il tormentone “Mamma mia!”. La morale appare chiara nelle parole di David: “Ognuno di noi, se messo nelle condizioni giuste, può fare qualcosa di straordinario”. In scena con loro, a colorare l’atmosfera, c’è il pianista tedesco Stephan Kunz.
Un grande artista sa sempre toccare le corde dell’anima del pubblico, arrivare a quell’universale che accomuna tutti noi esseri umani. Si spiegano così le 120 mila presenze al Madison Square Garden di New York raccolte in un solo weekend da David Larible. Questo umile inserviente che muta in clown e poi ritorna nuovamente un uomo qualunque ci riporta alla poesia di una maschera poco distinguibile dal volto di chi la indossa. Uno spettacolo che alleggerisce il peso dei nostri giorni, in cui il pubblico è chiamato in causa a più riprese per farsi complice, e mai vittima, degli esilaranti giochi di David. “Ti senti parte di qualcosa quando ridi…ridendo non ci sentiamo soli”. E David, dopo averci fatto abbandonare la nostra maschera, abbandona la sua e può tornare ad essere un semplice uomo. La missione del pagliaccio è compiuta, gli spettatori lasciano la sala entusiasti: il clown dei clown ha lasciato un pizzico della sua anima dentro ognuno di loro.

Cristiano Esposito
  
Lo spettacolo resta in scena al teatro Bellini di Napoli fino a domenica 29 gennaio 2012. Per info consultare il sito www.teatrobellini.it


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venerdì 20 gennaio 2012

Omaggio ad Armando Curcio: le migliori battute di "A che servono questi quattrini?"

 
"Tutto s'accomoda. E tutto non finisce mai così male come si teme, né così bene come si spera."
 
 
"Il danaro è una parola, una convenzione stupida, un trucco... E' talmente un trucco che Vincenzino, senza danaro, ha dato e dà a tutti l'illusione di averne. E so' tante, so' tante ca senza denaro riescono a vivere come se ne avessero... Poi, invece, ce sta tanta gente carica di danaro che vive come se non avesse nememno un soldo!" 
 
"Si a un certo mumento n'eredità nun ce 'a criammo nuie, 'all'America mò vene..."

 
  
  
Armando Curcio (1900-1957) fa purtroppo parte di quella folta schiera dei grandi napoletani del teatro italiano del Novecento che rischia di finire nel dimenticatoio. Nato appunto a Napoli e trapiantato prima a Milano e poi a Roma, giornalista, umorista, novelliere, autore di libri per ragazzi, caricaturista ed editore, rivelò sulla scena la sua ispirazione più autentica. "A che servono questi quattrini" è una macchina per ridere dal funzionamento assolutamente perfetto. Ridere in maniera pulita e intelligente, merce sempre più rara. E grandi esempi di teatro comico sono anche "I casi sono due" (dal quale nacque la strepitosa maschera di Pappagone), "La fortuna con l'effe maiuscola" (scritta con Eduardo) e "Casanova farebbe così" (scritta con Peppino).

Cristiano Esposito

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mercoledì 18 gennaio 2012

Luigi De Filippo e quella sala troppo vuota per essere vera...

Nemo propheta in patria, ma fino a un certo punto. Quando un artista come Luigi De Filippo fa tappa con la sua compagnia a Napoli, e al teatro Mercadante in special modo, ci si aspetterebbe una ben diversa risposta del pubblico. Diciamo ottimisticamente che eravamo solo alla prima e che i napoletani hanno ancora l’opportunità di dimostrare sia stato solo un caso…

Lui, Luigi De Filippo, 81 anni, figlio di Peppino e nipote di Eduardo e Titina, a fine spettacolo in camerino è perplesso. E’ reduce da tre settimane di pienone allo Jovinelli di Roma e avrebbe potuto tranquillamente riempire la sala per altri sette giorni. Questo vale un po’ per tutte le città italiane che tocca con i suoi spettacoli, mentre nella sua Napoli già da un po’ il pubblico dimostra ben altro entusiasmo. Di certo i suoi concittadini, dei quali Luigi e i suoi illustri parenti hanno portato sempre alto il nome, potevano riservargli una diversa accoglienza dopo essersi pur scannati recentemente al botteghino per Alessandro Siani e Nino D’Angelo. Invece durante i ringraziamenti finali la situazione gli riporta alla mente un aneddoto risalente a sessant’anni prima, quando fu spettatore, proprio al Mercadante, del grande Ruggero Ruggeri. Quest’ultimo recitò con sole dieci persone in sala ma si prodigò in una performance eccezionale. Peppino tenne al figlio una significativa lezione di teatro, dicendogli semplicemente: “Questo è un cavallo di razza, magari se il teatro fosse stato pieno non avrebbe recitato così bene”. Il teatro è un po’ questo, lo si deve fare col cuore e col sacrificio in ogni condizione, più o meno apprezzato, più o meno finanziato.

Eppure a 81 anni Luigi di sogni ne ha ancora tanti. Appena divenuto direttore artistico del teatro Parioli di Roma, succeduto dopo 25 anni a Maurizio Costanzo, ha dedicato la sala a suo padre Peppino e utilizzato una maschera di Pulcinella come marchio. Sogna un teatro semistabile napoletano con tre mesi di commedie firmate Scarpetta e De Filippo e tre mesi della migliore prosa nazionale. Sogna e a fermarsi non ci pensa proprio.

Ma veniamo alla rappresentazione. “A che servono questi quattrini?”, scritta da Armando Curcio, diede grande slancio al teatro umoristico de “I De Filippo” nel 1940 e divenne un film due anni più tardi. Luigi De Filippo porta in scena una sua riattualizzazione sulla scorta di una riduzione del padre Peppino e la pièce risulta ancora al passo coi tempi e molto divertente. Impersona il marchese Eduardo Parascandoli che, diventato serenamente povero, da ricco che era, è un seguace accanito della filosofia stoica. Insegna il disprezzo per i beni materiali a Vincenzino Esposito (Paolo Pietrantonio), che è il suo più fedele adepto. Eduardo Parascandoli fa credere a tutti, compreso l’ingenuo Vincenzino, che quest’ultimo ha ereditato  una cospicua somma di danaro.  Il suo scopo, però, è dimostrare che i quattrini non servono a nulla, e che basta la fama della ricchezza per procurarsi crediti da tutti. Infatti, attraverso comiche situazioni, ci riesce ed anzi, dimostra che per guadagnare del danaro non occorre né lavorare, né disporre di capitali, ma basta essere furbi. “ ‘O professore”, come il marchese Parascandoli viene chiamato in scena, sa bene quanto la moneta influenzi gli esseri umani anche quando non esiste. Una comicità dal retrogusto amaro pervade la commedia, chiaro tratto distintivo targato De Filippo; abbondano risate e riflessioni di un certo spessore.

Un teatro d’altri tempi, popolare, così semplice e alla portata di tutti eppure così perfetto ed acuto. Spesso preferibile a quello più moderno, intellettualoide e con tanto fumo e poco arrosto. Accanto a Luigi De Filippo, regista e autore delle musiche, una compagnia di tutto rispetto; un grandissimo Paolo Pietrantonio strappa innumerevoli risate e non gli sono da meno Fabiana Russo, Stefania Ventura, Riccardo Feola, Gennaro Di Biase, Luigi De Filippo, Vincenzo De Luca, Michele Sibilio, Stefania Aluzzi, Roberta Misticone e Marisa Carluccio. Le minuziose scene sono di Luigi Ferrigno. C’è tempo fino al 22 gennaio, fate un po’ voi.

Cristiano Esposito


Lo spettacolo resta in scena al teatro Mercadante di Napoli fino a domenica 22 gennaio 2011. Per info consultare il sito www.teatrostabilenapoli.it.
 
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giovedì 12 gennaio 2012

I virtuosi di San Martino in scena “Nel nome di Ciccio” all’Auditorium Teatro Bellini di Napoli

Capita purtroppo di avere artisti di un certo calibro nella propria città e di riuscire a farli passare inosservati. “I virtuosi di San Martino” sono un esempio emblematico: quattro ottimi strumentisti e guidati un cantante attore, Roberto Del Gaudio (autore dei testi), che più che un teatro musicale propongono un teatro “totale”. Musica classica riarrangiata, suoni onomatopeici, il gesto universale che urla contro un linguaggio oggi sempre più deturpato. La parola, la musica, il gesto riacquistano così nuova forza e nuovi significati.

“Nel nome di Ciccio” è una rivisitazione, un omaggio al teatro di avanspettacolo; alla rivista e alla macchietta più specificatamente. E quando diciamo avanspettacolo diciamo Nino Taranto, il signore della paglietta, che portò al debutto il brano “Ciccio Formaggio” proprio al teatro Bellini di Napoli nel lontano 1940. “I virtuosi” rielaborano appunto questa e altre celebri macchiette mantenendone inalterata la drammatica comicità e i giochi di linguaggio. Un genere che ha visto cimentarsi grandissimi attori del Novecento come Aldo Fabrizi, Nicola Maldacea, Raffaele Viviani, Ettore Petrolini, Totò e persino Eduardo De Filippo. Ma è davvero passata l’epoca di Ciccio Formaggio che, pur subendo numerose angherie, “non tiene il coraggio nemmeno ‘e parlà”? 

  
I quattro “virtuosi” musicisti sono Vittorio Ricciardi al flauto, Luca Bagagli al violino, Maurizio Villa alla chitarra e Federico Odling al violoncello (autore anche delle musiche). E poi c’è lui, Roberto Del Gaudio, che non si risparmia e cambia mille voci e mille personaggi, da irresistibile mattatore: il suo è un piccolo “manuale minimo dell’attore”. Deliziosa e acuta la citazione eduardiana del dialogo col professor Santanna sulla Napoli odierna. Stili musicali che si contaminano rivelandosi solo pretesto per esprimersi ed esplorare nuovi mondi; i generi sprofondano tra avanspettacolo e opera, in una sperimentazione colta operata sul linguaggio e sul teatro. Un tentativo che valeva la pena fare di fronte alla crisi del teatro e della musica contemporanea, in attesa di un produttore attento che dia la possibilità ai Virtuosi di San Martino di farsi conoscere al grande pubblico. 

Cristiano Esposito

Lo spettacolo resta in scena all’Auditorium del teatro Bellini di Napoli fino a domenica 22 gennaio 2012. Per info consultare il sito www.teatrobellini.it.



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mercoledì 11 gennaio 2012

Luca De Filippo torna a casa: “Le bugie con le gambe lunghe” in scena al San Ferdinando di Napoli

Un testo di Eduardo De Filippo in scena a teatro è sempre uno spettacolo nello spettacolo, ti rapisce con la sua solidità, il suo acume, gli intrecci perfetti e la filosofia dei protagonisti. Con un protagonista come il figlio Luca è ancora più emozione e suggestione, con il pensiero che inevitabilmente vola a più riprese al Maestro. Se poi si inserisce il tutto nella cornice dello storico teatro San Ferdinando, acquistato e ricostruito da Eduardo nel 1948, e nel cui foyer è possibile ammirare prima della rappresentazione i preziosi cimeli del “Museo dell’Attore napoletano”, la sensazione è quella di assistere a un piccolo evento.

“Le bugie con le gambe lunghe” nacque dalla penna di Eduardo De Filippo nel lontano 1946, e arriva a noi oggi ancora fresca e attuale, come ogni piccolo capolavoro. Avrebbe sostituito “Filumena Marturano” in caso di insuccesso; dovette invece attendere un anno per essere portata in scena dopo lo straordinario successo  della commedia scritta per Titina. Tema centrale è la dicotomia verità-menzogna, immersa in una comicità dal retrogusto amaro, tratto distintivo delle opere eduardiane. Un intrigo, a tratti farsesco, antico e moderno, che vede il protagonista Libero Incoronato travolto dai suoi vicini, che lo coinvolgono nelle loro squallide storie. Storie sporche, piene di menzogne spacciate per verità che Libero rinuncerà ben presto a provare a smascherare, e alle quali si adeguerà con sagacia. Perché, come spiegò Eduardo in un’intervista a Sergio Romano, “le bugie con le gambe corte sono quelle dei bambini, quelle puerili, mentre quelle con le gambe lunghe sono quelle che tutti noi dobbiamo aiutare a camminare per non far cadere l’impalcatura della società”. Quell’impalcatura che ancora oggi è infarcita di perbenismo e ipocrisia, della forma che obnubila la sostanza. Tutti falsi, tutti contenti.
 
Estremamente curate nei dettagli le scene di Gianmaurizio Fercioni, di sicuro effetto i fondali di Giacomo Costa. Luca De Filippo interpreta onestamente il ruolo che fu del celebre padre, si spinge solo dove sa di poter arrivare, senza strafare, rievocando piacevolmente a tratti mimiche e toni della voce inconfondibili per il pubblico. Si contorna di validi attori, tra i quali spiccano Anna Fiorelli e Nicola Di Pinto; l’assenza di microfoni costringe qualcuno, non dotato della stessa padronanza vocale di Luca, ad alzare il tono di voce e ad enfatizzarlo in modo a tratti innaturale.

Un piccolo evento, come già detto, per gli amanti del teatro napoletano, da gustare fino in fondo in un tempio sacro come il San Ferdinando, con un De Filippo degno padrone di casa sul palco che lo vide esordire tanti anni fa nei panni di Peppiniello in “Miseria e nobiltà”.

 
Cristiano Esposito


Lo spettacolo resta in scena al teatro San Ferdinando di Napoli fino a domenica 15 gennaio 2012. Per info consultare il sito www.teatrostabilenapoli.it
   
 
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mercoledì 4 gennaio 2012

La “Compagnia Totò” di Francesco Paolantoni e Giovanni Esposito in scena al San Ferdinando di Napoli

Un omaggio-non omaggio, che da Totò parte e a Totò arriva, ma che nel mezzo ha qualcos’altro. E qui c’è da apprezzare lo sforzo drammaturgico, che evita di riproporre semplicemente le gag più celebri del principe De Curtis. Ci sono diversi spunti in questo “Compagnia Totò”: la filosofia napoletana come volano per l’articolazione del pensiero, la miseria ravvisabile appena dietro le risate suscitate dalle interpretazioni del Principe (che dalla più nera miseria veniva) e il suo riscatto, la ribellione satirica ai potenti. Probabilmente andavano legati in una maniera più lineare, in un intreccio più solido; ma tant’è, siamo comunque di fronte ad un esempio di teatro onesto, viscerale, accorato ma non disilluso. Proprio come la gente che ancora oggi cerca Totò, che non se n’è mai andato e che viene regolarmente invocato dal popolo, autentico santino che vanta una nutrita schiera di fedeli. Anche se col tempo sono sempre meno le iniziative, istituzionali e non, che lo commemorano: come recita Ciccillo (Giovanni Esposito) in scena “l’hanno sparato a Totò, nun ce sta cchiù!”.
  
E allora ci pensa la compagnia Totò, composta da miseri guitti che riparano in quella “discarica con le luci” che è il teatro, sotto la guida e la protezione di Maestà (Francesco Paolantoni), che mantiene viva la dignità di quest’arte anche nel più fatiscente dei seminterrati. L’affiatamento dei due protagonisti è buono; accanto a loro una schiera di attori brillanti che forse potevano essere maggiormente utlizzati come Virginia Da Brescia, Pino Tufillaro, Giovanni Del Monte, Arduino Speranza. Testo e regia di Giancarlo Sepe, per uno spettacolo che inserito nella cornice dello storico San Ferdinando, in piazza Eduardo De Filippo, è ancora più suggestivo e solenne.
 
  
Cristiano Esposito

  
Lo spettacolo resta in scena al teatro San Ferdinando di Napoli fino a domenica 8 gennaio 2012. Per info consultare il sito www.teatrostabilenapoli.it.
   
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