giovedì 30 gennaio 2014

"Ti presento mio fratello": commedia napoletana in salsa svizzera per Gino Rivieccio

La nuova commedia di Gino Rivieccio, “Ti presento mio fratello”, ha debuttato al teatro Augusteo di Napoli con una tiepida accoglienza del pubblico in sala. La vicenda è ambientata in Svizzera, più precisamente a Lugano dove Stefano (Gino Rivieccio), avvocato napoletano, vive con la moglie Petra (Rosalba Di Girolamo), che lavora in una galleria d’arte moderna. L’agio, l’ordine e la tranquillità svizzeri, turbati solo dal cruccio di non riuscire ad avere figli, vengono turbati dall’arrivo inatteso di Peppe (Gianni Ferreri), fratello di Stefano, cantante neomelodico che vive di espedienti e raggiri. Nel secondo atto compare in scena anche un agente di polizia svizzero (Rosario Minervini) che prima tormenterà Peppe a colpi di contravvenzioni, salvo poi napoletanizzarsi e mettersi alle sue dipendenze. 
 
Una buona idea di partenza c’era, niente di mai visto prima per carità, così come un cast brillante pronto a coadiuvare il copione. Ma è proprio quest’ultimo a mancare di forza, compattezza, guizzi e idee. Inoltre, quando al tavolo si siedono ben quattro autori (Stefano Sarcinelli, Luciano Fruttaldo e Peppe Quintale, insieme allo stesso Rivieccio), sarebbe ancora più lecito aspettarsi qualcosina in più. La contrapposizione di due mentalità opposte, di due modi di vivere lontani anni luce, come quelli napoletani e quelli svizzeri, non trova il giusto cortocircuito anche perché di fatto i due protagonisti sono entrambi partenopei. Tutto ciò nonostante una bravissima Rosalba Di Girolamo nel ruolo, meno centrale degli altri due, della moglie straniera dall’accento tedesco. Restano poche battute da ricordare e l’esilarante macchiettismo di Gianni Ferreri che prevale su Gino Rivieccio fino al monologo finale, dove la situazione si capovolge trasferendosi sul territorio cabarettistico più nelle corde del secondo, precedendo il prevedibile epilogo. La regia di Gaetano Liguori si adatta ad un testo spezzettato in diversi brevi quadri soprattutto al primo atto, in cui trova posto anche una canzone cantata in playback da Rivieccio. Il suo personaggio a fine rappresentazione si stanca finalmente di essere manovrato come un burattino dalla moglie e confessa al fratello la sua nostalgia di Napoli. Dall’altra parte Peppe-Gianni Ferreri capisce che anche le regole “svizzere” servono a qualcosa in questa società, trovando il punto di equilibrio necessario per stabilirsi anch’egli a Lugano senza far danni.

Cristiano Esposito

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venerdì 17 gennaio 2014

Rocco Papaleo grande mattatore in "Una piccola impresa meridionale" al teatro Diana di Napoli

La piccola impresa meridionale di entertainment di Rocco Papaleo arriva anche a Napoli, conquistandola con musica, poesia, comicità, storie e interazione col pubblico. Uno spettacolo, scritto con Valter Lupo che cura anche la regia, che valorizza al massimo l'artista lucano capace di recitare, emozionare, far ridere, scrivere canzoni, cantare, accennare qualche passo di danza e intrattenere con carisma, simpatia e magnetismo.  Il tutto tra il panino con la frittata sponzato della mamma, "che non si batte", già visto in "Basilicata coast to coast", lo splendore della risata di un figlio capace di formulare stupefacenti pensieri poetici, riflessioni sagaci e il gioco con i musicisti che gli fanno anche da spalla.
  
Entrando in sala troviamo il mattatore in platea con la sua band a luci accese e sipario aperto, ad accogliere, salutare e far foto con il pubblico. Il grande momento professionale, soprattutto nel cinema, gli sta dando una fama sempre crescente ma ben presto scopriamo quanto tenga e sia a suo agio nel live. Improvvisa con sicurezza ma senza superbia, non nasconde ma capitalizza le sue origini veraci di uomo meridionale. Canta, racconta e recita senza mai prendersi troppo sul serio la sua terra, gli amori, anche omosessuali, la famiglia e le cose genuine dei piccoli paesi come il suo, Lauria. Le battute suscitano efficacemente la risata, oltre che grazie all'effetto sorpresa, con un avvicendarsi di toni seri e solenni ad altri repentinamente più concreti, che creano un dislivello esilarante. Rocco Papaleo sa come creare un'atmosfera intima e confidenziale col pubblico, che mostra di gradire quanto lui questo confronto, questa condivisione di ricordi, pensieri, impressioni. "Siamo un gruppo ormai, stiamo bene, andiamo in tournée insieme" dice agli spettatori napoletani, come forse dirà agli spettatori di ogni altra città in cui il suo spettacolo fa tappa. Ma il legame con Napoli è vero e lampante, qui dove, racconta, gli venne l'idea del film "Una piccola impresa meridionale" mentre recitava proprio al Diana in "Eduardo, più unico che raro!". Qui dove qualcuno dal fondo della sala gli urla "Canta Napoli!" e lui, pur se lievemente imbarazzato, intona deliziato "Te voglio bene assaje", accontentandolo con grande disponibilità.  Papaleo mostra di essere una persona normale fra la gente comune come chi popola le sue canzoni, svela qualche segreto dello spettacolo, fa anche suonare  qualcuno in platea. Ed è consequenziale il fatto che alla fine convinca il pubblico ad alzarsi in piedi per trasformarsi in tante foche divertite, anche solo per trenta secondi. E anche che non si riesca ad ubbidire alla sua proposta di uscire in silenzio senza applaudire dopo la poesia "Piaceri" di Brecht.
 
L'esperimento di teatro canzone di Rocco Papaleo riesce, attraverso un diario dal quale estrapolare storie che coinvolgono, divertono e appassionano. La "rosticceria di ricordi", bagnata qua e là nel surreale e nel non sense, è accompagnata dalle note di Arturo Valiante al pianoforte, Francesco Accardo alla chitarra, Jerry Accardo alle percussioni, Pericle Odierna ai fiati e Guerino Rondolone al contrabbasso. Che grazie allo spettacolo e al pubblico, a detta di Papaleo, da scarti di orchestre diventano un'orchestra vera e propria, nell'equilibrata alchimia di una piccola impresa meridionale di entertainment. 

Cristiano Esposito
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sabato 11 gennaio 2014

“Comicissima sera show”: la coppia Iodice-Schettino sbanca il Diana di Napoli

Il meglio della comicità napoletana che utilizza la formula del cabaret sul palco del teatro Diana di Napoli. “Due cavalli di razza addestrati alla risata”, insieme per stima artistica reciproca. L’irriverenza, l’improvvisazione, il coinvolgimento del pubblico, l’eccentricità incontrollata di Peppe Iodice. La satira pungente ma alla portata di tutti, il punto di vista illuminante, la lettura esilarante delle storture dell’epoca in cui viviamo di Simone Schettino. In mezzo ai loro monologhi alternati la sottotraccia di un’improbabile corteggiamento tra Raoul e Adriana, colleghi speaker su Radio Ibiza. E un valente corpo di ballo che esegue le coreografie di Anna Pisco.

Raoul apre le danze presentando alla stregua di un carrozzone da circo i protagonisti che calcheranno il palco, frusta alla mano. Dal momento in cui entrano in scena i due comici saranno risate fino alla fine dello spettacolo. Simone Schettino prevale nel monologo classico, Peppe Iodice sembra più a suo agio del collega negli sketch corali con Raoul e Adriana, dove c’è da mostrarsi più buffi e sopra le righe. Schettino affronta l’argomento dei tempi che sono cambiati, condizioni metereologiche comprese, dell’ossessione per la forma fisica e del sesso. Ormai proverbiali le sue tirate in un crescendo di risate e ritmo fino all’apice della battuta finale. La simpatica verve di Peppe Iodice gli consente di poter dire verità anche scomode e farsi gioco dei vomeresi benestanti pur presenti in sala, che “non sanno cos’è la crisi”. Ma lui, artista di periferia che viene da Barra, sa prendere in giro anche sè stesso col medesimo effetto comico. Parla di crisi, di figli, di intellettuali (un argomento che è da tempo il suo cavallo di battaglia) e scende in platea per trasformarsi in uno spettatore e ridicolizzare come da tradizione l’esibizione canora di Raoul.

Due tipi diversi di comicità che dimostrano di poter convivere brillantemente, due artisti che con grande intelligenza si impegnano in quello che sanno fare meglio, canticchiando e accennando qualche passo di ballo (più il tarantolato Iodice che Schettino, a dire il vero) soltanto per accompagnare gli sketch con Raoul e Adriana. Oggi si richiede spesso l’artista polivalente, loro preferiscono migliorarsi continuamente nel proprio campo. E fanno bene, questi due signori della comicità che si stimano e che per un’esigenza artistica hanno deciso felicemente di condividere il palco, se non altro “per risparmiare i soldi della benzina”, visto che già prima si andavano a vedere l’un l’altro. Ne guadagna anche il pubblico che ride a ripetizione davanti ad uno spettacolo speciale, scritto da Iodice e Schettino con Lello Marangio. Tutto esaurito e replica straordinaria aggiunta a grande richiesta per domenica 12 gennaio alle ore 21:00.

Cristiano Esposito
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domenica 5 gennaio 2014

“Signori si ride!”, con Giacomo Rizzo al teatro Totò di Napoli

Lo spettacolo delle feste natalizie del teatro Totò di Napoli è “Signori si ride!”, di e con Giacomo Rizzo. Quattro sketch che intendono rendere omaggio all’avanspettacolo e alla rivista con il solo scopo di far ridere il pubblico, facendogli trascorrere un paio d’ore spensierate. In scena con Rizzo i bravi  Carla Schiavone, Corrado Taranto, Ciro Ruoppo e Carmen Pommella. Le scenette comiche risalgono a diversi decenni fa, sono conosciute dai più e vengono rappresentate al giorno d’oggi perlopiù nei villaggi turistici: “La sonnambula”, “Il prezzo della colpa”, “Il braccialetto” e “Il dentista” (quest’ultima interpretata da Lino Banfi nel film del 1982 di Luciano Salce “Vieni avanti cretino”). I cambi di scena avvengono a vista dietro un sipario trasparente, effettuati dagli stessi attori che riempiono i vuoti con schermaglie verbali. Dominano i doppi sensi a sfondo sessuale e il gran mestiere di Giacomo Rizzo, che interpreta sempre l’amico che arriva in casa di una coppia e si ritrova suo malgrado invischiato in strambe situazioni. Nonostante la fragilità dei testi, l’attore napoletano trova sempre il modo di strappare la risata con un sapiente utilizzo delle intonazioni e di tempi comici perfetti, soprattutto nell’ultimo sketch che lo vede indiscusso protagonista e mattatore.

Le scene, volutamente essenziali per ricordare un certo tipo di spettacolo, sono di Massimiliano Pinto. I costumi di Maria Pennacchio, il disegno luci di Mario Esposito. Si ride abbondantemente, specie nel secondo atto, in maniera leggera e senza fronzoli, grazie alla capacità degli interpreti di tenere il ritmo sempre abbastanza alto.

Cristiano Esposito
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