
Una buona idea di partenza c’era, niente di mai
visto prima per carità, così come un cast brillante pronto a coadiuvare il
copione. Ma è proprio quest’ultimo a mancare di forza, compattezza, guizzi e
idee. Inoltre, quando al tavolo si siedono ben quattro autori (Stefano
Sarcinelli, Luciano Fruttaldo e Peppe Quintale, insieme allo stesso Rivieccio),
sarebbe ancora più lecito aspettarsi qualcosina in più. La contrapposizione di
due mentalità opposte, di due modi di vivere lontani anni luce, come quelli
napoletani e quelli svizzeri, non trova il giusto cortocircuito anche perché di
fatto i due protagonisti sono entrambi partenopei. Tutto ciò nonostante una
bravissima Rosalba Di Girolamo nel ruolo, meno centrale degli altri due, della
moglie straniera dall’accento tedesco. Restano poche battute da ricordare e
l’esilarante macchiettismo di Gianni Ferreri che prevale su Gino Rivieccio fino
al monologo finale, dove la situazione si capovolge trasferendosi sul
territorio cabarettistico più nelle corde del secondo, precedendo il
prevedibile epilogo. La regia di Gaetano Liguori si adatta ad un testo
spezzettato in diversi brevi quadri soprattutto al primo atto, in cui trova
posto anche una canzone cantata in playback da Rivieccio. Il suo personaggio a
fine rappresentazione si stanca finalmente di essere manovrato come un
burattino dalla moglie e confessa al fratello la sua nostalgia di Napoli.
Dall’altra parte Peppe-Gianni Ferreri capisce che anche le regole “svizzere”
servono a qualcosa in questa società, trovando il punto di equilibrio
necessario per stabilirsi anch’egli a Lugano senza far danni.
Cristiano Esposito
Nessun commento:
Posta un commento