
La forza dello spettacolo sta nel
testo mai banale, comico ed etico di Serra e nell'interpretazione dai tempi
perfetti di Bisio, che due figli attorno alla maggiore età li ha proprio come
il regista Gallone. L'attore nato in Piemonte e cresciuto a Milano tiene
egregiamente la scena in una rappresentazione densa e compatta allo stesso
tempo. Per estrema sintesi assistiamo alla presa di coscienza di un padre di
come il destino del figlio gli sfugga giorno dopo giorno dalle mani, mentre si
accorge di conoscerlo poco e male. Notevole il momento in cui Bisio intreccia
le diverse frasi del figlio che, come tanti suoi coetanei, sdraiato sul divano fa
più cose insieme restando eternamente connesso.
Laura Masotto al violino e Marco
Bianchi alle chitarre (classica ed elettrica) puntellano con le musiche di
Paolo Silvestri il monologo ed evocano, giovani come sono, un figlio che non
appare mai. La scena di Guido Fiorato, simbolica ed essenziale, è dominata da
un blu onirico con cinque porte, un armadio sospeso, uno accasciato in terra
coperto da rocce e sedie e tavoli continuamente spostati dal protagonista. Tutto
questo fino al racconto finale dell'arrivo di padre e figlio sul tanto agognato
(dal primo) Colle della Nasca, quando dall'alto vengono calate le rocce della
pietraia sospese a delle corde. Fino a che, sulle immortali note di Cat
Stevens, papà Bisio si rende conto che quel figlio che credeva arrancare alle
sue spalle lo ha ormai superato arrivando su in cima precedendolo di molto,
facendogli capire che ormai può tranquillamente permettersi di diventare
vecchio.
Cristiano Esposito
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