
“Finché morte non vi separi” è
ambientato in un piccolo paese di provincia (da una battuta di Saverio,
promesso sposo di Carolina, pare essere Pollena Trocchia), dove Don Guglielmo (Carlo
Buccirosso) sta per celebrare il matrimonio dell’anno tra due giovani di
famiglie ben in vista. Qualcosa non andrà per il verso giusto, forse a causa di
un'improvvisa discordia tra i promessi sposi, forse solo per via di un semplice inciucio di
paese, o magari per la classica intrusione del terzo incomodo. Spetterà al
povero parroco, intralciato/aiutato dalle indagini via internet di sua sorella
Rosa (Tilde De Spirito), dallo stravagante sagrestano (Davide Marotta) e dal
suo chierichetto (Giordano Bassetti), tenere a bada le due famiglie e riportare
sulla retta via Carolina (Claudiafederica Pretella) e Saverio (Sergio D’Auria).
La sagrestia, luogo in cui si avvicendano i componenti delle due famiglie,
diventerà il luogo metaforico in cui si riflettono le
distorsioni di una società sempre più in preda a un decadimento di valori,
dove la prima preoccupazione è la salvaguardia dell’idea che ognuno di noi
cerca di dare di sè stesso agli altri. Questo nonostante ognuno abbia i suoi
scheletri nell’armadio e reciti nella vita di tutti i giorni con ipocrisia nei
falsi rapporti interpersonali che intercorre. Si genera così quasi
automaticamente l’inciucio, quello che Don Guglielmo descrive come l’ottavo
peccato capitale, perché “Gesù Cristo stesso è stato vittima del più grande
inciucio della storia”. E non si salva nemmeno chi non prende posizione e non
si schiera, perché complice nell’alimentare il meccanismo perverso che
trasforma i pregiudizi e le calunnie in verità incontrovertibili. E’ questo che
Don Guglielmo dice ai personaggi in scena ma anche al pubblico, al quale sul
finale chiede di alzarsi per partecipare attivamente alla funzione che
commemora il padre dello sposo (Gianni Parisi, mentre a impersonare sua moglie
è Graziella Marina; il padre della sposa è Gino Monteleone), che non regge ai
tanti dispiaceri e prima di morire biascica un “Te piace ‘o munaciello?” alla
maniera di Luca Cupiello al terzo atto della celebre commedia eduardiana. Tutti
in piedi quindi, o quasi, uniti in una preghiera collettiva contro i pregiudizi
e l’inciucio mentre la platea si trasforma in una navata di una chiesa. Argomenti
serissimi ma conditi dalla tipica comicità di Buccirosso che rende il tutto
digeribile facilmente ad ogni tipo di spettatore. Di grande effetto le scene di Gilda Cerullo,
quattro ambienti completamente diversi che nel secondo atto cambiano a sipario
aperto in pochi secondi. Le musiche originali, gradevolissime, sono di Bruno
Lanza e Leo Barbareschi, i costumi di Zaira De Vincentiis, le luci di Francesco
Adinolfi.

Cristiano Esposito
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