
Joe Barbieri, un pigro con la
necessità del viaggio e della continua sperimentazione, canta avvolto nelle
solite scenografie e luci essenziali ma d’effetto. Stelle d’argento che pendono
dalla graticcia, barchette di simil-carta con piccoli led nascosti all’interno,
adagiate sul palco verso il boccascena. E si parte con l’alternanza di brani
nuovi e vecchi: “Itaca”, “Fammi tremare i polsi”, “Il cielo”, omaggio a Lucio
Dalla, “Cicale e chimere”, già cantata con Tosca, “Subaffitto”, “Lacrime di
coccodrillo”. E poi “La matematica di un sentimento”, “Nel bene e nel male”, “Onda
schiva”, “Tu sai, io so” (nel disco,
duetto con Peppe Servillo), “Leggera”, “Sostanza e forma”. Finale decisamente
in crescendo con una “Scusami” da brividi, così come “Normalmente”. Ovazione
per il ritmo di “Zenzero e cannella”, poi a chiudere “Chiedi alla polvere” e “Microcosmo”,
spunto per i notevoli assoli dei musicisti. Le sorprese non finiscono qui e ad
aprire i bis arriva un secondo, sentitissimo tributo. “Non sai quanto mi manchi e forse oggi di più”: è il culmine dell’emozione
per le parole di e per quel Pino Daniele che produsse il primo disco di Joe.
Arrangiamento ed esecuzioni magistrali, per una “Che ore so’” strepitosa. Le
ultime note sono quelle del primo singolo del nuovo album, “L’arte di
meravigliarmi”, e del brano che gli dà il titolo, “Cosmonauta da appartamento”.
Si finisce con i musicisti tutti in piedi, tutti percussionisti attorno alla
chitarra e alla voce di Joe, capace di abbracciare tutti. E capace sempre di
ritagliarsi uno spazio importante e davvero originale per liberare il suo
talento al di fuori delle logiche industriali e commerciali. Buon viaggio Joe,
cosmonauta raffinato della musica.
Cristiano Esposito
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