giovedì 13 dicembre 2012

Quando Diderot parla di noi: Silvio Orlando è “Il nipote di Rameau” al teatro Nuovo di Napoli


Duecento cinquant’anni e non sentirli. Tanti quanti ne sono passati da quando Denis Diderot cominciò a scrivere il dialogo satirico “Il nipote di Rameau”, che mancava dai nostri teatri dagli inizi degli anni novanta. Eppure la sua attualità è a dir poco sorprendente, forse perché l’essere umano è lo stesso da sempre e per sempre, così come le sue contorsioni intellettuali, i suoi vizi e le sue virtù. Fatto sta che Silvio Orlando fa centro ancora una volta con un’opera del passato che ci parla del nostro presente, inviando al pubblico messaggi tanto arguti quanto inquietanti. Un musico fallito, nipote del celebre compositore musicale Jean-Philippe Rameau, conversa con lo stesso filosofo Diderot al Café de la Régence, snocciolando episodi e aneddoti della propria vita. E lo fa rappresentando a tratti un vero e proprio alter ego di Diderot, esponendo alcune sue tesi già espresse in opere precedenti. Confessa al filosofo la sua immoralità senza pudore, gli dimostra la sua notevole capacità di adulazione e pantomima che gli permette di vivere da scroccone facendo il buffone di corte nei salotti della borghesia parigina. Diderot vede in lui un misto di delirio e di buonsenso, di abiezione e di onestà; tutto ciò lo affascina. Rameau è in fondo la cattiva coscienza della società parigina di metà Settecento, è colui che ha il coraggio e la spudoratezza di confessare ciò che tutti pensano e di fare per mestiere, come satiro e pantomimo, ciò che tutti fanno nella loro vita, e cioè l’adulatore. Per via dei  numerosi attacchi ai poteri costituiti parigini Diderot tenne l’opera segreta, preservandola per una più saggia pubblicazione postuma. 

La grande interpretazione di Silvio Orlando (coadiuvata dalla genialità del testo) rende Rameau capace di ribaltare la visione del bene e del male, del genio e della mediocrità, della natura umana e della possibilità di redimerla. L’elogio della finzione appare liberatorio: smaschera l’ipocrisia, il servilismo, l’egoismo di una società. E viene da immaginare che, se invece che al Café de la Régence secoli fa la rappresentazione fosse stata ambientata al Gran Caffè Gambrinus ai giorni nostri, il discorso non avrebbe comunque fatto una piega. Permane ancora “qualche” ambiente corruttibile e “qualche” onesto che ha la peggio rispetto a un disonesto, apparendo più infelice. In scena con Orlando, che cura anche la regia ed ha adattato l’opera insieme ad Edoardo Erba, gli ottimi Amerigo Fontani, Maria Laura Rondanini e Luca Testa. I costumi sono di Giovanna Buzzi, le scene di Giancarlo Basili. 

Lo spettacolo resta in scena al teatro Nuovo di Napoli fino a domenica 16 dicembre 2012. Per info consultare il sito www.teatronuovonapoli.it. 

Cristiano Esposito

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